La magia istituente, creolità e quimbois

di Kenny Alexander Laurence.

La storia di un potere è anche quella delle lotte per rovesciarlo.

Se le strutture di oppressione non permettono allə subalternə di parlare, quando l’artista Grada Kilomba affronta la questione del razzismo di genere introduce un’immagine: la maschera della Escrava Anastácia, un’invenzione coloniale che viene dal passato ma rivive nel presente e legittima la politica di silenziamento dell’Altrə e delle soggettività minoritarie, razzializzate e genderizzate: “La bocca è un organo molto speciale, simboleggia la parola e l’enunciazione. All’interno del razzismo, diventa l’organo di oppressione per eccellenza; rappresenta l’organo che i bianchi vogliono – e hanno bisogno – di controllare”. Come possono le rappresentazioni artistiche, i linguaggi, gli sguardi e gli immaginari contro-egemonici parlare con una tale potenza da rompere la maschera?

Escrava Anastácia, da Grada Kilomba, Memorie della piantagione (1838-1842).

Pubblichiamo il testo La magia istituente, creolità e quimbois di Kenny Alexander Laurence, sottotraccia di ricerca dell’omonima reading-performance in programma il 23 settembre alle 21:30 per il Festival 5 di DeriveApprodi, intitolato quest’edizione “Chi lavora è perduto” e in collaborazione con la libreria .Input e la rivista online «Machina» presso la Casa di Quartiere Scipione dal Ferro, in via Sante Vincenzi 50 a Bologna.

A seguire la proiezione di She has no land but she keeps sheep / chapter two, short film di Jesal Kapadia, Mattia Pellegrini e Giorgia Frisardi, con Silvia Federici, George Caffentzis e Sonam Paljor.

Kenny Alexander Laurence come un osservatore dell’invisibile indaga la storia e la cultura antilliana come modelli per studiare le complessità di un futuro creolo. Con la ripresa di pratiche magiche d’eversione cerca gli strumenti per orientarsi in potenza rispetto ai neofascismi e i processi di colonizzazione contemporanei. «Esistevano magie per vincere alle carte, suonare strumenti sconosciuti, diventare invisibili, fare innamorare, avere l’immunità in battaglia, far dormire i bambini. Sradicare queste pratiche era una condizione imprescindibile per imporre la disciplina del lavoro», scriveva Silvia Federici in Il Grande Calibano (1984). La concezione magica del mondo insieme alla dimensione qualitativa del tempo e dello spazio che la alimenta è assolutamente inconciliabile con la disciplina capitalistica del lavoro. Così la contro-narrazione del Quimboiseur d’outre-mer diventa una sorta di «fabulazione critica» alla maniera di Saidiya Hartman e ci proietta in un immaginario giardino creolo dove la magia non è evasione ma lotta, la stregoneria quimbois è una forma di resistenza alla schiavitù e il linguaggio delle minoranze razzializzate non è fruibile dall’oppressore.

Kenny Alexander Laurence, senza titolo, illustrazione digitalizzata, dimensione variabile, 2021.

La magia instituente, creolità e quimbois

Creolità

Definire un’unica forma di creolità non è più possibile nel contemporaneo. La storia umana è ricca di istanze di meticciamento e transizioni culturali ed i risultati di esse possono, nella maggior parte dei casi, essere ricondotti a processi di creolizzazione.

Il filosofo inglese Timothy Morton teorizza l’esistenza di fenomeni talmente vasti che si presentano come non quantificabili e quindi considerabili nella loro interezza come realtà da definire a priori: gli iperogetti [i]. Un esempio di iperoggetto è il riscaldamento globale, in quanto esso impatta ogni singola attività dell’uomo e non solo e che quindi risulta ormai inscindibile da ogni realtà antropica. In campo antropologico la percezione di una tendenza globale ed inarrestabile alla creolizzazione è già stata teorizzata e quindi non risulta troppo azzardato definire questa molteplicità di istanze di creolità, contestualizzate con la nozione di antropocene, come un insieme più grande da intendere come iperoggetto-creolizzazione.

In Eloge de la Creolitè [ii] gli scrittori e saggisti martinicani Jean Bernabé, Patrick Chamoiseau e Raphaël Confiant invitano a prendere come caso studio, per capire intimamente come si sviluppano le identità creole, le realtà antilliane. Sono le nozioni di antillianité e di tout-monde teorizzate da Edouard Glissant, insieme alla negritude della poesia surrealista di Aimé Césaire e alle teorizzazioni dello psichiatra e saggista Frantz Fanon che ispirano gli autori di Eloge de la Creolitè e rinforzano la necessità di capire le complessità storiche della loro comunità rendendosi così, in quanto creoli, un caso studio per disvelare l’evoluzione dei modelli culturali ed indentitari del contemporaneo.

documenta fifiteen: Atis Rezistans | Ghetto Biennale Atis Rezistans | Ghetto Biennale, ANN PASE’L PASE, MACHE NAP MACHE (WALK THE WALK & TALK THE TALK), St. Kunigundis, Kassel, June 17, 2022, photo: Frank Sperling.
documenta fifiteen: Atis Rezistans | Ghetto Biennale, Ghetto Gucci, Performance, St. Kunigundis, Kassel, June 17, 2022, photo: Frank Sperling.

L’identità creola nasce agli esordi dei regimi plantocratici in America centrale e sud America dall’esperienza comune di una schiavitù eterogenea: Amerindi, Africani, Indiani, Cinesi e Libanesi costituivano la forza lavoro su cui si sono costruite le grandi ricchezze europee. Un gruppo diviso dall’identità etnica, la lingua e la cultura nella sua interezza, ma che si unifica in prima istanza sotto lo sguardo equalizzante e oggettificante dell’oppressore che inizialmente attua, secondo una direttrice subordinante verticale, un processo di acculturazione ai modelli europei.

In risposta a queste oppressioni, o come deriva da esse, si innesca un protocollo subiettivo che si struttura sull’esperienza comune di tutte queste diverse soggettività. Lo stato di schiavitù e il doversi confrontare con un territorio alieno unifica questa molteplicità di identità attraverso quello che oggi viene definito processo di creolizzazione.

Lo scrittore cubano Antonio Benítez-Rojo conia il termine supersincretico, che insieme al concetto di transculturazione introdotto dall’antropologo, anch’esso cubano, Fernando Ortiz aiutano a distinguere la differenza tra il concetto di ibrido e quello di creolo [iii]. Nel Manifesto Antropofago del 1928 Oswaldo de Andrade teorizza l’esistenza di processi di antropofagia culturale [iv], che a differenza di un semplice processo osmotico-sincretico include anche l’esperienza dell’oppresso che attivamente assimila la cultura dell’oppressore come azione eversiva dedita a riordinare la disparità gerarchia che separa i due gruppi. Esiste potenziale creativo anche in stato di subordinazione e la creolità è anche quello: il costante ed innegabile potenziale di divenire.

documenta fifteen: The Black Archives, Black Pasts & Presents: Interwoven Histories of Solidarity, 2022, installation view, Kassel, June 11, 2022, photo: Frank Sperling.
documenta fifteen: The Black Archives, Black Pasts & Presents: Interwoven Histories of Solidarity, 2022, installation view, Kassel, June 11, 2022, photo: Frank Sperling.

La scelta di selezionare come caso studio le esperienze creole antilliane nasce anche dalla possibilità di attingere alla vasta documentazione della storia coloniale delle Antille. È però necessario distinguere la qualità delle fonti consultabili, in quanto esse si presentano di due macro-tipologie differenti: Gli archivi di documentazione scritta, fotografica e pittorica realizzata da europei e l’eredità vernacolare orale e musicale dei gruppi derivati dalla schiavitù. La cultura creola popolare si struttura infatti su modelli di comunicazione orale, visuale e sonora, tramite i quali le testimonianze dell’esperienza passata arrivano a posteri sotto forma di balli, canti, festività e pratiche magiche.

Gli archivi redatti da europei a partire dagli esordi delle colonizzazioni nel continente americano e delle prime piantagioni si compongono di documentazione commerciale ed etnografica ed essi sono una vera materializzazione di quello che viene definito white gaze, lo sguardo bianco.

documenta fifteen: The Black Archives, Black Pasts & Presents: Interwoven Histories of Solidarity, 2022, installation view, Kassel, June 11, 2022.

L’interesse era economico, la forza lavoro era merce e come le stive delle navi transatlantiche i registri non distinguevano le diverse forme di capitale. L’interesse etnografico esisteva per conservare e radicare nella cognizione europea questi schemi.

Dall’alta parte invece il patrimonio orale delle comunità creole, oltre a determinate coordinate storiche e tecniche, si centra nella narrazione della condizione umana: sofferenza, gioia, amore e la vita nei campi sono il tema dei racconti, delle canzoni e dei balli, tutto filtrato attraverso credenze mistiche e mitologiche come esercizi di fabulazione. Dove gli archivi storicizzati falliscono nel descrivere la condizione di queste comunità, la parola, il ritmo e la magia ricreano attraverso narrative in costante mutabilità, l’umanità delle testimonianze oscurate.

La condizione delle fonti reperibili rispecchia l’impossibilità nel separare l’immaginario eurocentrico da quello di una realtà creola totalmente emancipata da esso. Frantz Fanon in Peau noir, Masques blancs [v] argomenta esaustivamente l’indivisibilità di queste due realtà svelando i paradossi e le complessità su cui le identità creole antilliane si edificano. L’epidermizzazione dello sguardo bianco teorizzata da Fanon è un fenomeno mordace che però non cancella l’infinitamente ricco bagaglio culturale di cui la creolità si costituisce. Si tratta di raccordi interculturali complessi che esistono sia in coesione che in conflittualità internamente allo stesso sistema, un flusso turbolento di elementi in continua collisione tra loro. È proprio questa condizione di turbolenza che fa della creolità un modello creativo in costante mutamento rendendo così lo studio delle derive creole decisivo per la comprensione delle realtà contemporanee.

Kenny Alexander Laurence, senza titolo, cuscino sagomato, tessuti rigenerati e acquerello, 2022.

Quimbois

“N’apprend pas à connaitre les autres seulement dans les livres et dans l’observation de leurs démarches. Il manquera toujours quelque chose.” [vi]

Come accennato precedentemente la cultura creola popolare vive attraverso l’oralità e la musica, tale risultato è un diretto derivato del passato coloniale dell’arcipelago caraibico. La nascita di nuove lingue all’interno delle comunità di schiavi era dettata dalla necessità di creare sistemi di comunicazione e coordinazione alternativi a quelli dei padroni in modo da poter creare una tessitura comunicativa solidale ed unificante che restasse segreta alla comprensione dell’oppressore. 

Questa necessità di segretezza non si manifestò solo in termini linguistici, ma anche in termini religiosi. All’interno delle campagne di acculturazione forzata dagli europei sulle comunità schiavizzate erano preponderanti i processi di radicalizzazione al cattolicesimo.

In risposta alla repressione culturale e religiosa nelle colonie di paesi cattolici e l’evangelizzazione forzata della popolazione schiavizzata si manifestò nella maggior parte delle comunità antilliane la presenza di una doppia religiosità. Manifestazioni di credenze apparentemente cristiane erano spesso schermi illusori che lasciavano spazio ad una dimensione segreta di misticismo, la cui segretezza diventava inerente ai propri stessi scopi rituali. Questa fu in parte la ragione per la quale molte religioni afro-caraibiche appropriarono l’iconografia cristiana cattolica attraverso processi di cannibalismo culturale.

documenta fifiteen: Atis Rezistans | Ghetto Biennale, Ghetto Gucci, Performance, St. Kunigundis, Kassel, June 17, 2022, photo: Frank Sperling.
documenta fifiteen: Atis Rezistans | Ghetto Biennale Atis Rezistans | Ghetto Biennale, ANN PASE’L PASE, MACHE NAP MACHE (WALK THE WALK & TALK THE TALK), St. Kunigundis, Kassel, June 17, 2022, photo: Frank Sperling.

Le Antille si presentano oggi come cristiane cattoliche conservatrici risultando spesso in vere e proprie forme di fanatismo, ma nonostante ciò permangono, sotto forma orale o di manifestazioni effimere, credenze magiche diffuse popolarmente ed inscindibili dalla matrice culturale creola.

Le narrative coloniali nascondevano la parte orribile delle colonie con una politica oscurantista che si premurava di creare l’immaginario esotizzante del buon negro, di somministrarlo alle masse europee e di conservarlo come status quo. Per disvelare e combattere questi meccanismi occulti si è dimostrato necessario muoversi secondo modalità altrettanto occulte. Se la percezione europea era assuefatta dall’esotismo e servilità di negri sorridenti, la verità era che questi, nelle Americhe, resi incandescenti da una sofferenza sorda, si istituivano segretamente come civiltà.

Kenny Alexander Laurence, senza titolo, cuscino sagomato, tessuti rigenerati e acquerello, 2022.

L’insieme di pratiche religiose che si sviluppò nelle colonie francesi di Martinica e Guadalupa è il quimbois. Senza l’intenzione di sminuire o ridurne l’essenza, il quimbois può essere definito sia una forma di stregoneria che si può distinguere in magia bianca o nera, ma anche di spiritualità e di misticismo al cuore del quale si trova la figura del quimboiseur o la quimboiseuse come elemento attivatore.

Esistono poche testimonianze scritte di quimbois nella scena letteraria creola e quelle reperibili sono spesso verosimili esercizi di narrativa. Nella corrente letteraria doudouista [vii] esistono accenni che perlopiù esprimono l’intenzione di suggestionare il lettore attraverso retoriche esotizzanti.

La tendenza doudouista ad esotizzare le realtà creole è da intendere come insieme di sforzi governati da una visione mercificante del territorio e della cultura antilliana, ma ciò non preclude la possibilità di intendere queste fonti come una sfaccettatura della complessità creola.

È necessario infatti capire che il Quimbois, in quanto potenzialità nella suggestione e nascendo dal cannibalismo culturale, si radica nell’arcano di sincretismi non direttamente accessibili dallo sguardo europeo, una Magia istituente.

Kenny Alexander Laurence, senza titolo, cuscino sagomato, tessuti rigenerati e acquerello, 2022.

La parola quimbois o in creolo kenbwa, tchimboi o tjenbwa deriva dalla lingua kongo e significa “conoscenza, sapere”. Un’altra possibile origine etimologica è la frase “tiens, bois” (tieni, bevi) data dalla pratica del quimboiseur di prescrivere concozioni a base di piante e radici. Il termine quimbois resta, dunque, come testimonianza delle origini africane della pratica e del proprio fondamento in credenze animiste.

È necessario però includere anche i processi di creolizzazione che hanno portato alla forma che è effettivamente riconosciuta e praticata nelle Antille, la stregoneria quimbois si sviluppa infatti come forma di resistenza alla schiavitù.

La conoscenza delle piante era uno strumento decisivo per la sopravvivenza e la lotta.

Grada Kilomba, O barco/La barca, performance e installazione, BoCA Biennial of Contemporary Arts 2021, Lisbona. Foto Bruno Simao.
Grada Kilomba, O barco/La barca, performance e installazione, BoCA Biennial of Contemporary Arts 2021, Lisbona. Foto Bruno Simao.

Nel jardin creole (giardino creolo) opera il quimboiseur in quanto guaritore e conservatore di un sapere decentrato dalle ideologie plantocratiche. È anche il luogo e l’istanza nella quale le realtà eterogenee oppresse, sbarcate nel nuovo continente, possono creare un rapporto reale con il territorio americano. Il rapporto traumatico con il territorio sotto il regime delle piantagioni si sublima e lascia spazio ad un rapporto intimo e generativo. Il semplice metticciamento che esisteva tra comunità estirpate dalle radici di appartenenza ancestrale e che viveva ancora il trauma della dislocazione, nel jardin creole si radica e diventa qualcosa di diverso, diventa creolo.

Kenny Alexander Laurence, senza titolo, cuscino sagomato, tessuti rigenerati e acquerello, 2022.

La possibilità di esercitare agentività sulla propria vita con la medicina vegetale e la possibilità di lottare anonimamente contro i padroni con i veleni estratti da piante come la mancinella restituiscono alle masse oppresse potere decisionale sul proprio destino. Il jardin creole resta ancora una delle modalità più radicali ed efficaci di lotta contro le plantocrazie.

Il quimboiseur, insieme al conteur [viii], è una figura della cultura creola che si istituisce come conservatore della memoria collettiva tramite l’oralità. Esso può rispondere ai bisogni di coloro che lo consultano mettendo in atto riti e pratiche del quimbois.

documenta fifteen: INLAND, installation view, Naturkunde­museum im Ottoneum, Kassel, 2022.
documenta fifiteen: Nhà Sàn Collective, Tuấn Mami, Vietnamese Picnic, Kassel, June 19, 2022, Photo: Victoria Tomaschko.

Questo tipo di stregoneria non è praticabile da chiunque. Si diventa quimboiseur dopo cerimonie di iniziazione e la trasmissione orale del sapere. Questa eredità di conoscenza conferiva al quimboiseur lo statuto di gadezafé [ix], un altro nome di questa figura che meglio illustra il ruolo di osservatore e interprete del confine tra mondo visibile e invisibile, tra il presente e la memoria.

Questi vengono consultati da persone di tutte le classi sociali alla ricerca di risposte esistenziali, spirituali o anche semplicemente ottenere risposte a questioni legate al futuro, sia privato che professionale.                  

Il quimboiseur si istituisce, quindi, come una figura ambigua ma largamente rispettata. Solitario, isolato dalla popolazione, è un personaggio mistico garante della tradizione, un po’ sciamano, un po’ divinatore, un po’ medium e un po’ guaritore. Un autentico simbolo creolo erede dell’animismo africano la cui presenza perdura con discrezione nelle realtà popolari delle Antille.

“Je suis noir, je réalise une fusion totale avec le monde, une compréhension sympathique de la terre, une perte de mon moi au cœur du cosmos, et le Blanc, quelque intelligent qu’il soit, ne saurait comprendre Armstrong et les chants du Congo. Si je suis noir, ce n’est pas à la suite d’une malédiction, mais c’est parce que, ayant tendu ma peau, j’ai pu capter tous les effluves cosmiques. Je suis véritablement une goutte de soleil sous la terre.” [x]

Kenny Alexander Laurence, Posizione di Potenza, 2022, tessuti rigenerati, acquerello, tinture naturali e stampe xilografiche.

Contronarrative magiche

ll quimboiseur è colui che insieme all’insano di mente ed altre esperienze marginali deragliano dalle griglie sistemiche contemporanee.

Risulta così importante fare riferimento al concetto di errance [xi] trattato da André Lucrèce in Souffrance et jouissance aux antilles. L’errante di Lucrèce si contrappone all’uomo prometeico [xii] e vive nell’interstizio liminale tra esistenza e possibilità di esistere dove si istituisce autonomamente come medium dell’impossibile che accade.

L’errante deraglia dal binario ordinato delle grandi narrazioni e questo processo si presenta come generatore di sdoppiamento e traslazione. Lo sdoppiamento sta nella nascita di un modello speculare parallelo generato da uno preesistente e quindi del rapporto di parentela tra essi, mentre la traslazione è lo spostamento da un modello ad un altro. Il rapporto tra i due modelli è, oltre che di sdoppiamento da una stessa matrice, anche di ribaltamento dei paradigmi gerarchici che li governano.

Il quimboiseur, in quanto errante, è attivatore di processi magici che vanno così a rendere più complessa la tessitura identitaria e culturale come metodo di conservazione non filologica della memoria collettiva. Il quimboiseur e la quimboiseuse esistono, quindi, come prova della malleabilità e transitorietà degli schemi identitari e delle modalità attraverso le quali queste transizioni si manifestano.

documenta fifiteen: Black Quantum Futurism, Watch Night Service with Irreversible Entanglements and Black Quantum Futurism, 2022, Rondell, Kassel, June 19, 2022, photo: Nils Klinger.

Johan Huizinga teorizza in Homo Ludens il legame tra il concetto di gioco e quello di cultura e che guardando la cultura come se fosse essa stessa un gioco, la vera opposizione a questa non sarebbe chi bara, quindi altera le regole del gioco a suo favore, bensì chi non gioca.

Se si intende la cultura istituzionale eurocentrica come gioco, allora il non partecipante è l’individuo che si riordina nei rapporti gerarchici. Qualcuno che vive al di fuori di quel gioco, ma che esistendo in una condizione ontologica che postula il concetto di cultura come indivisibile dall’esperienza umana, non può esistere al di fuori da essa.

La realtà dell’individuo che per ritornare soggetto pratica eversivamente la propria cultura è un tipo di modello di divergenza, che impregnandosi di misticismo e radicandosi nella suggestione si contrappone alle narrazioni meccaniciste del positivismo, istituendosi come alternativa alle ideologie progressiste che governano il mondo da secoli.

documenta fifteen: Instituto de Artivismo Hannah Arendt (INSTAR), Raychel Carrión, 2020-2021, installation view (detail), documenta Halle, Kassel, June 12, 2022, photo: Nicolas Wefers.
documenta fifteen: Instituto de Artivismo Hannah Arendt (INSTAR), Raychel Carrión, 2020-2021, installation view (detail), documenta Halle, Kassel, June 12, 2022, photo: Nicolas Wefers
documenta fifteen: Instituto de Artivismo Hannah Arendt (INSTAR), Raychel Carrión, 2020-2021, installation view (detail), documenta Halle, Kassel, June 12, 2022, photo: Nicolas Wefers

Questo tipo di azioni aprono ad una molteplicità di possibilità istituenti e alla genesi di contronarrative radicate nella memoria collettiva ed in contrapposizione ad astrazioni alienanti scientifico-matematiche.

In una contemporaneità globalizzata, nella quale la migrazione e la dislocazione sono tanto traumi quanto potenzialità di autodefinirsi, le eredità delle memorie coloniali permettono, dunque, di aprire ulteriori fratture nelle griglie di contenimento e segregazione storica, economica e sociale.

Si tratta di imposizioni rivoltose che, in quanto nate da processi di creolizzazione, segnalano le complessità  di un passato da riscoprire nella sua interezza, di un presente consapevolizzante e di un futuro già palpabile.

Come ulteriore apertura alle possibilità che le argomentazioni trattate in questo saggio aprono, risultano interessanti le testimonianze delle soggettività migrate dalle Antille e che istituitesi nel resto del mondo continuano ad arricchire il bagaglio mnemonico della loro esperienza.

Il punto di vista del quimboiseur d’autre mer (quimboiseur d’oltre mare), espatriato dalle Antille per installarsi in Europa, nel resto delle Americhe, in Asia o in Africa esiste come potenziale d’azione sommativa verso ulteriori consapevolezze e riscoperte nella frammentazione del passato. Un risorgimento delle testimonianze e narrazioni storiche che sono andate perdute non per fortuite dimenticanze, bensì a causa di azioni oscurantiste repressive e sottrattive.

documenta fifteen: Black Quantum Futurism, 2022, installation view, Frankfurter Straße / Fünffenster­straße (Underpass), Kassel.
documenta fifteen: Black Quantum Futurism, 2022, installation view, Frankfurter Straße / Fünffenster­straße (Underpass), Kassel.

note

[i] cfr. Morton, 2018

[ii] cfr. Bernabé-Chamoiseau-Confiant, 1993p.56

[iii] cfr. Poupeye, 1998, p.15

[iv] cfr. De Andrade, 1928

[v] cfr. Fanon, 2015

[vi] Alexis, Gerson, 1976.

[vii] Il movimento doudouista si caratterizza in arte e letteratura per l’estetica esotizzata del folklore antilliano. Si contrappone a visioni più critiche della condizione caraibica come il panafricanismo, la negritude, l’antillianitè e la creolità, che invece la inseriscono più saldamente nella tessitura culturale post coloniale.

[viii] Il conteur, in italiano narratore o cantastorie, è una figura popolare fondamentale per la divulgazione del sapere orale e delle componenti ritmiche e musicali della lingua creola.

[ix] osservatore, dalla fusione di gadé (guardare) e zafé (le cose)

[x] Fanon, 2015, p.43

[xi] cfr. Lucrèce, 2000, p.11

[xii] cfr. Lucrèce, 2000, p.22

Kenny Alexander Laurence, Si c’est un coup de coutelas (Se è un colpo di lama), performance di durata variabile, legno, due machete, costume in madras, Bologna, 2021.

Bibliografia

Aime Cesaire, Cahier d’un retour au pays natal, Presence Africaine, 2000

Patrick Chamoiseau, chronique des sept misères, Parigi, Gallimard, 2018

Patrick Chamoiseau, Solibo magnifique, Parigi, Gallimard, 1991

Patrick Chamoiseau, Texaco, Parigi, Gallimard, 2013

Alexis, Gerson, Vodou et quimbois: essai sur les avatars du vodou a la Martinique, Haiti, Éditions Fardin, 1976

Frantz Fanon, Peau noir Masques blancs, Parigi, Points, 2015

Jean Bernabé, Patrick Chamoiseau, Raphaël Confiant, Éloge de la creolité, Parigi, Gallimard, 1993

André Lucrèce, Souffrance et jouissance aux antilles, Tartane, M artinique,Gondwana, 2000

Veerle Poupeye, Caribbean art, New York City, Thames & Hudson, 1998

Antonio Benitez Rojo , The Repeating Island: The Caribbean and the Postmodern Perspective, Duke University Press, Durham, 1992

Timothy Morton, Iperoggetti, Nero, Roma, 2018

Johan Huizinga, Homo Ludens, Einaudi, Torino, 2002

Oswaldo de Andrade, Manifesto antropofago, in Revista de Antropofagia, Brasile, 1928

Edouard Glissant, Le discours antillais, Gallimard, Parigi, 2010

Locandina Festival 5 di DeriveApprodi, Chi lavora è perduto, 22-25 settembre 2022, Bologna.


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