“Se la causa della donna si pone è una causa vinta” [Clarissa Falco + Miss Bisi]

«Sputiamo su Hegel. La dialettica servo-padrone è una regolazione di conti fra collettivi di uomini: essa non prevede la liberazione della donna, il grande oppresso della civiltà patriarcale. La lotta di classe, come teoria rivoluzionaria sviluppata dalla dialettica servo-padrone, ugualmente esclude la donna. Noi rimettiamo in discussione il socialismo e la dittatura del proletariato» [1974] Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea e la donna vaginale, Scritti di Rivolta Femminile, Milano (et al./Edizioni, Milano, 2010).

«Riconosciamo in noi stesse la capacità di fare di questo attimo una modificazione totale della vita. Chi non è nella dialettica servo-padrone diventa cosciente e introduce nel mondo il Soggetto Imprevisto» (Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel, 1974 [2010, p.44]).

«Ci vuole l’incoscienza di chi studia l’umanità secondo criteri maschili per affermare che il femminismo deriva dal ’68 o dalla Rivoluzione francese o chissà da dove. Il femminismo è presente in ogni documento lasciato da una donna che non avesse di mira l’inserimento nella cultura e nella società maschili, che non parlasse da un’identità gradita all’uomo per riconfermarlo. È presente negli occhi di chi è in grado di leggere quel documento e non lo trascura…» (Carla Lonzi, Altro che riflusso. Il tifone femminista soffia da secoli, in «Quotidiano donna» n.32, 1979, p.12).

 

 

«La storia è il risultato delle azioni patriarcali» (Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel, 1974 [2010, p.20])

«il proletariato è rivoluzionario nei confronti del capitalismo, ma riformista nei confronti del sistema patriarcale» (Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel, 1974 [2010, p.22]).

«Non riconoscendosi nella cultura maschile, la donna le toglie l’illusione dell’universalità […] La forza dell’uomo è nel suo identificarsi con la cultura, la nostra nel rifiutarla» (Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel, 1974 [2010, p.10-11]).

 

 

«per la ragazza l’università non è il luogo dove avviene la sua liberazione mediante la cultura, ma il luogo dove si perfeziona la sua repressione così bene coltivata nell’ambito della famiglia. La sua educazione consiste nell’iniettarle lentamente un veleno che la immobilizza sulla soglia dei gesti più responsabili, delle esperienze che dilatano il senso di sè» (Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel, 1974 [2010, p.43]).

 

 

«L’uomo non sa più chi è la donna quando questa esce dalla sua colonizzazione e dai ruoli attraverso i quali egli si preparava un’esperienza già fatta e ripetuta nei millenni: la madre, la vergine, la moglie, l’amante, la figlia, la sorella, la cognata, l’amica e la prostituta. La donna era un prodotto confezionato in modo che egli non avesse nulla da scoprire in quell’essere umano. Ogni ruolo presentava le sue garanzie per lui; uscire da quelle garanzie era cadere fuori dalla considerazione dell’uomo, era la fine» (Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel, 1974 [2010, p.82]).

 

 

«La donna clitoridea non ha da offrire all’uomo niente di essenziale, e non si aspetta niente di essenziale da lui. Non soffre della dualità e non vuole diventare uno. Non aspira al matriarcato che è una mitica epoca di donne vaginali glorificate. La donna non è la grande-madre, la vagina del mondo, ma la piccola clitoride per la sua liberazione» (Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel, 1974 [2010, p.24]).

 

 

«La deculturazione per la quale optiamo è la nostra azione. Essa non è una rivoluzione culturale che segue e integra la rivoluzione strutturale, non si basa sulla verifica a tutti i livelli di una ideologia, ma sulla mancanza della necessità ideologica. La donna non contrappone alle costruzioni dell’uomo se non la sua dimensione esistenziale: non ha avuto condottieri, pensatori, scienziati, ma ha avuto energia, pensiero, coraggio, dedizione, attenzione, senso, follia» (Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel, 1974 [2010, p.37]).

 

 

Sputiamo su Hegel raccoglie gli scritti firmati personalmente da Carla Lonzi e quelli del gruppo Rivolta Femminile che, dalla metà del 1970 ai primi mesi del 1972, segnarono una rottura teorica con la società patriarcale.

La prima parte del libro affronta l’assenza della donna nel panorama storico e di come la donna sia stata definita dall’immagine con cui l’uomo l’ha interpretata, immagine derivata dal fatto che numerosi teorici e filosofi, quali Hegel e Nietzsche, hanno affermato la sua inferiorità.

In questa strategia di subordinazione la soggettività è diventata gratifica e non una possibilità reale; la donna è stata abituata a pensare che l’uomo sia il suo Salvatore, colui che la natura ha predestinato e che ha davvero a cuore la sua salvezza.

È proprio in questo senso che la famiglia è diventata il caposaldo dell’ordine patriarcale. Essa è fondata non solo sugli interessi economici ma sui meccanismi psichici dell’uomo che in ogni epoca ha posseduto la donna come oggetto di dominio.

Carla Lonzi argomenta una possibile abolizione della famiglia, che non significa comunanza delle donne né altre forme che facciano di essa uno strumento esecutivo di progresso, una abolizione al fine di liberare una parte dell’umanità che avrebbe fatto sentire la sua voce e che avrebbe contrastato la società borghese e qualsiasi tipo di società progettata dall’uomo in quanto protagonista, al di là della lotta contro lo sfruttamento economico denunciato da Marx.

Di fatto il marxismo ha ignorato sia la donna come soggetto oppresso sia le sue possibilità rivoluzionarie. Su queste basi il filosofo afferma che la liberazione della donna è consequenziale alla liberazione dalla proprietà privata e dell’istituzione familiare. Lonzi osserva come la socializzazione dei mezzi di produzione non abbia scalfito affatto l’istituto familiare tradizionale, ma lo abbia, al contrario, rafforzato.

Nella seconda parte del saggio Lonzi critica la teoria di Freud secondo la quale le ragazze proverebbero invidia per il pene e per questo motivo sono state analizzate non come il rapporto fra due sessi, ma fra un sesso e la sua privazione.

Anche in questo senso la presa di coscienza è l’unica via di liberazione, pertanto, Lonzi trova che la donna non debba percorrere un movimento d’emancipazione interno al patriarcato perché significherebbe adeguarsi agli schemi logici imposti dal potere maschile, bensì seguire un percorso differente, rifiutando l’aut-aut e la dialettica proposta da altri filosofi.

Non bisogna prendere gli scritti di Sputiamo su Hegel come dei punti fermi, ma unicamente come un punto d’inizio della filosofia femminista che ha voluto contestare e prendere le distanze dalla società, dominata dal modello patriarcale.

Soprattutto nella società odierna, il femminismo inizia quando le donne cercano la propria identità nell’autenticità di un’altra donna in modo da ritrovare sé stesse nella collettività, non per escludere l’uomo ma per comprendere che l’esclusione che l’uomo ha imposto nella Storia esprime un problema strettamente correlato alla società patriarcale.

I presupposti avanzati da Lonzi si fondano dunque sulla presa di coscienza delle donne che non si confonde con l’adesione passiva a un indottrinamento; non sta promettendo la libertà alle donne, ma sono le donne che giorno per giorno proseguono il processo di liberazione mentre l’uomo, ancora oggi, continua a imporre la sua virilità di patriarca.

“l’uomo fa ricorso alla minaccia patriarcale “escluse!”; dalla sua cultura dalla sua creatività dalla sua rivoluzione dalla sua utopia dalla sua giornata delle sue notti; aspetta gli effetti del nostro panico. ma ormai non può fare niente che ci impedisca di prendere coscienza e quello è lo spazio primo che ci manca”

[1974] Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea e la donna vaginale, Scritti di Rivolta Femminile, Milano (et al./Edizioni, Milano, 2010).

 

Clarissa Falco, nasce a Genova il 5 aprile 1995. È artista e curatrice, la sua ricerca affronta la posizione della donna sia a livello socio-politico sia come rappresentazione della sua soggettività. É stata una delle curatrici, insieme a Camilla Alberti, dell’esposizione Just Good Friends – The reunion of common things avvenuta il 6 maggio 2017 e ha esposto alla mostra Incontro #11 What about the materiality of the body? presso Fondazione Pini. Oggi Clarissa frequenta il biennio di Arti Visive e Studi Curatoriali presso NABA – Nuova Accademia di Belle Arti e vive a Milano.

Erika Bisi, in arte Miss Bisi, nasce a Savona il 9 dicembre 1993 dove vive tutt’ora. Ha sempre avuto una grande passione per il disegno: dalla fase della “prima comunicazione” che è per i bambini, alla fase di “conforto” nei momenti di solitudine; quando i suoi genitori si separano nel 2002, Erika disegna solo famiglie antropomorfe di gatti e le loro avventure. Nel 2014 nasce Miss Bisi: una caricatura di sé stessa, goffa, impacciata, con gli occhiali sul naso e la sigaretta in bocca. Miss Bisi è ironica, cinica, sembra stanca di ciò che ha intorno, ma non lo è: ha sempre qualcosa da dire, non sta mai in silenzio.

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