Ballare contro il patriarcato a Cali è un atto di resistenza: intervista al Frente Gráfico Feminista.

a cura di Ivette Peña Rivas

«La focalizzazione femminista sui diritti riproduttivi è indispensabile a proteggere e sostenere la nostra libertà», bell hooks, Il femminismo è per tutti.

«Ora che ci siamo incontrate, non ci lasceremo più andare. Questa sensazione che il femminismo ci regala ci ha salvato la vota molte volte. Questa sensazione di essere unitə e unite. E unite, abortiamo», Collettivo Lastesis, Bruciamo la paura. Un manifesto femminista.

 

L’ondata transfemminista contemporanea ha intessuto un nuovo internazionalismo, scrive Verònica Gago nelle Otto tesi sulla rivoluzione femminista: «Non è una struttura che rende le lotte astratte e omogenee per portarle su un piano “superiore”. Al contrario, è percepito come una forza concreta in ogni luogo. Conduce una dinamica transnazionale basata su traiettorie e corpi situati. Il movimento femminista si esprime quindi come una forza coordinata di destabilizzazione globale la cui potenza, in particolare, è radicata ed emerge dal Sud Globale». Ha le sue radici più solide in America Latina. Lo scorso 21 febbraio, la «marea verde» ha invaso le strade di Bogotà e le piazze delle città colombiane con corpi, lacrime, canti e balli per festeggiare una vittoria storica per il movimento femminista: la ribellione contro il dominio sui nostri corpi.

Collettivo femminista manifesta davanti alla Corte Costituzionale di Bogotá (Colombia). CARLOS ORTEGA (EFE)

I festeggiamenti davanti alla corte costituzionale della Colombia dopo la decisione di depenalizzare l’aborto nelle prime 24 settimane di gravidanza RAUL ARBOLEDA/AFP via Getty Images).

La Corte Costituzionale ha votato la depenalizzazione dell’aborto fino alla ventiquattresima settimana. In Colombia, il secondo paese più popoloso del Sudamerica e con forte una tradizione cattolica e conservatrice, si stima che ogni anno vengano praticati circa 400 aborti clandestini e oltre 70 donne muoiono a causa delle complicazioni. La sentenza ha avuto effetto immediato e sono stati archiviati circa 5.000 processi giudiziari contro donne accusate di aver abortito e che rischiavano una condanna fino a 4 anni di reclusione.

Dimostrant* e attiviste prendono parte a una manifestazione a sostegno dell’aborto legale e sicuro fuori dalla Corte costituzionale a Bogotà, in Colombia, marzo 2020, [Luisa Gonzalez/Reuters].

Una sentenza storica, ottenuta grazie alla lotta femminista attraverso la rete #CausaJusta e che pone la Colombia in testa dell’America Latina nei diritti sessuali e riproduttivi. Anche le strade della città di Cali sono state contagiate da una festa incontenibile e un collettivo di artistə e gestoras di arte grafica, urbana, popolare e inclusiva, così come si definisce il Frente Gráfico Feminista, ha accompagnato visualmente la rivolta: un solo grito con amor y rebeldía.

#LatinaAmericaseràtodafeminista

© Frente Gráfico Feminista

Ivette Peña Rivas: Cosè il collettivo Frente Gráfico Feminista (FGF) e come è nato?

Patricia Prado: Allora, mi presento, mi chiamo Patricia Prado, sono una graphic designer e organizzatrice culturale per caso… ahahah. Sempre in giro per la città, perchéé a Cali, la nostra città, c’è molto da fare. È una delle principali città della Colombia. Rispetto a Bogotá c’è tutto da costruire, il movimento femminista sta nascendo o meglio dire, rinascendo (se mai ci fosse stato qualcosa di simile prima, bisognerebbe indagare per sapere). In generale la città offre molteplici spazi di azione, il clima, le condizioni, la gente, la cultura, che hanno rafforzato lo sviluppo di quello che faccio come sia graphic designer che “agitatrice” culturale. Rafforzare il settore grafico a Cali è stato il mio obiettivo, da sei anni lavoriamo alla costruzione di una squadra di arti grafiche denominata Ternario e abbiamo anche guidato un gruppo chiamato Linterna, per il recupero di una macchina da stampa.

© Frente Gráfico Feminista

È una delle più grandi scommesse che sono state fatte a Cali in termini di progetti di gestione culturale e da lì, ho cominciato a rilevare che è emerso un focolaio, un movimento urbano molto forte in città, che agisce con molta convinzione ma in modo molto disarticolato, non esiste un network di attori grafici o persone chiave nella gestione culturale della comunità artistica e non. È stato proprio il progetto Linterna che ci ha aiutato a chiarire cosa stava accadendo a Cali in questo senso. È stato questo, che mi ha fatto vedere che a Cali c’è una forte urgenza ad alzare la voce femminista e ad amplificarla, mi ha fatto conoscere tante compagne e soprattutto ragazze che stavano portando avanti anche altri progetti e iniziative sia creative che culturali accompagnando la lotta femminista nella nostra città.

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È in questo contesto che si costituisce la FGF, insieme a Yina Obando, che è un’altra delle ragazze, una delle protagoniste dell’organizzazione culturale di Cali. Abbiamo iniziato a lavorare insieme sui progetti (indipendenti dalla lotta femminista), ma abbiamo “cliccato” e abbiamo iniziato a renderci conto che a Cali è necessario un tipo di riconoscimento del ruolo delle donne all’interno di questo lavoro. Siamo due donne che lottano in questo mondo, in una città grande come Cali con tanta diversità culturale. Con Yina abbiamo subito rilevato come esista una “figurazione” del ruolo dell’uomo fondamentalmente più forte di quello della donna. Cali continua ad essere, nonostante i movimenti sociali e i cambiamenti degli ultimi tempi, una città molto classista e molto razzista ed è visibile nel paesaggio urbano e nella quotidianità della vita e delle attività comuni. È davvero evidente l’esistenza di una logica patriarcale molto forte che guida gran parte dei processi all’interno della città. Quando “ci siamo alzate” e abbiamo capito cosa stava succedendo, abbiamo allora concluso che era assolutamente necessario fare qualcosa al riguardo, e così abbiamo costituito il collettivo con le ragazze.

© Frente Gráfico Feminista

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IPR: Quante persone ci sono all’interno del collettivo FGF?

PP: In questo momento ci sono una decina persone, alcune sono un po’ “fluttuanti”, cioè che non sempre lavorano in modo permanente. Tutto dipende dalle attività.

Si tratta di un’iniziativa che è totalmente fuori dalla nostra agenda. Facciamo un grande sforzo per trovare il tempo e riunirci per pianificare le attività come collettivo. Questo è un lavoro che nemmeno le “istituzioni” comprendono, l’importante lavoro che stiamo facendo per incoraggiare e promuovere il pensiero nelle nuove generazioni non è ancora compreso. Abbiamo tra i 30-40 anni, questo è stato un risveglio, un po’ tardi ma rappresenta anche una ribellione anticipata.

Proprio ieri, parlando con le nostre colleghe in una riunione – dove generalmente ci apriamo su tante cose, ci ascoltiamo senza giudicarci, in uno spazio di catarsi prima che di pianificazione delle nostre attività dei prossimi mesi – ci raccontavamo di questo “risveglio”.

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IPR: Stiamo parlando quindi di sorellanza fra di voi? Quello che dici è esattamente ciò che bell hooks propone nel suo libro Il femminismo è per tutti quando afferma «La sorellanza è ancora potente»…

PP: Sì, c’è un principio in questa parola. È la base di tutto, trovare quell’unione, che nel nostro caso è stata spontanea. Non c’è stato nessun ordine o tempo specifico. Questo è molto recente, siamo entrate in questa onda del femminismo molto recentemente, questo ha avuto un progresso molto accelerato perché ogni volta ci rendiamo conto che è necessario avere questi spazi per noi.

L’anno scorso è stato proprio per l’8M, che ci siamo dette con Yina “qui dobbiamo unirci” quelle di noi che stanno “smuovendo” questa città, quelle di noi che stanno orientando i processi culturali e grafici, quelle di noi che stanno guidando e sviluppando un discorso femminista attraverso la grafica siamo noi. In quel momento, non stavamo ancora alzando la voce con la nostra posizione politica da un punto di vista femminista, nemmeno utilizzando la grafica come strumento. Quindi abbiamo deciso di riunirci un anno fa per proporre una serie di azioni che fossero guidate dai nostri obiettivi, la grafica come mezzo per sollevare le voci delle donne nella nostra città. Abbiamo lavorato molto per le strade con carta da parati, murales, graffiti e messaggi. Facevamo stampe in spazi pubblici, attivando anche grandi eventi culturali ma senza concentrarci sulla politica femminista, quindi abbiamo deciso di organizzarci.

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Abbiamo iniziato a insorgere con la grafica. Quando siamo venute a conoscenza di una serie di femminicidi, abbiamo iniziato ad utilizzare le arti grafiche e visive come canali di comunicazione affinché Cali, che è una città ancora “molto addormentata” in questo senso, potesse rendersi conto dell’importanza di queste azioni.

A Cali, ad esempio, in quel momento, le donne venivano rapite e il Segretario di Sicurezza del comune della città aveva pubblicato un “tweet” dicendo che si trattava di una strategia di marketing. C’era stata una stagione di rapimenti di donne a Cali e a nessuno importava. Quello che abbiamo fatto, è stato riunirci con un altro collettivo “Mala Junta Clan” che è molto bravo a fare arte murale. Insieme a loro abbiamo realizzato un disegno su un murale che diceva “le donne vengono rapite a Cali”, lo abbiamo fatto in un punto strategico della città. Questo ha generato molte polemiche, è stato sui media, è diventato virale, perché era una denuncia diretta. Sono state fatte molte comunicazioni, abbiamo usato i nostri social denunciando che quanto detto dal segretario alla sicurezza era una bugia e abbiamo richiesto di indagare sulla situazione.

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Questo è successo poco prima dello sciopero nazionale (28 aprile 2021), che in realtà è stato il momento in cui abbiamo dovuto connetterci di più. Tutte le nostre ragazze nel collettivo sono artiste urbane, due organizzatrici culturali, abbiamo una ragazza che è un’attivista per i diritti umani e una sociologa che lavora nelle carceri di Cali con le donne. C’è anche mia sorella Ana Prado, che è una produttrice di arti visive e guida tutta la parte discorsiva all’interno del collettivo. Abbiamo altri alleati che sono dj e collaborano con noi quando facciamo attività con musica e ballo. Perché tutto questo è anche una festa, perché il poter riunire tante donne in una sola voce genera una sorta di festa, tutto questo ha il timbro sonoro e performativo della “Festa Anti-patriarcale”. Ballare contro il patriarcato a Cali è un atto di resistenza.

© Frente Gráfico Feminista

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IPR: In che modo il FGF ha usato le arti come strumento per prendere la parola e alzare la voce e come questo ha creato tempi di relazione e un senso di comunità e di impegno anche educativo rispetto alla causa delle donne?

PP: Il nostro obiettivo è rivendicare la ribellione e il pensiero emancipato attraverso le arti e la comunicazione visiva, riflettendo la nostra resistenza attraverso il linguaggio creativo. Questa è la nostra “bandiera”, per noi la cosa più importante è comunicare attraverso il linguaggio artistico. Quello che ci ha aiutato molto è stato connettere un “mix” di competenze che abbiamo all’interno del gruppo e orientare tutti i dispositivi per agire insieme imponendo le nostre istanze.

Sappiamo che la città di Cali, a livello culturale, cattura le persone attraverso l’intrattenimento, la danza e la musica. Le nostre azioni si basano sull’avere molti canali aperti per poter unire la grafica e le altre discipline artistiche come la musica e la danza. Lo facciamo in onore di ciò che siamo.

© Frente Gráfico Feminista

Quello che cerchiamo di fare è creare più spazi creativi possibili, cerchiamo di trovare un modo per promuovere il pensiero critico. Il nostro compito è anche supportare la crescita creativa e risvegliare tutte le competenze che la nostra comunità può avere.

I nostri obiettivi sono:

  1. Appoggiare la lotta per la liberazione delle donne e della comunità queer attraverso la nostra posizione politica per combattere i sistemi patriarcali e sessisti imposti.
  2. Posizionare l’arte come atto a sé stante di trasformazione interna ed esterna.

Sappiamo però che le proteste e le manifestazioni, come molti degli spazi promossi dai collettivi non sono misti ma sono separatisti, dove vanno “solo donne”. Abbiamo fatto una riflessione durante un incontro e stiamo lavorando per riuscire a esprimere la nostra posizione su questo punto.

© Frente Gráfico Feminista

IPR: Il movimento collettivo FGF separa?

PP: Le nostre azioni esteriori sono decisamente basate sull’empatia. Le nostre informazioni e soprattutto il modo in cui pratichiamo la grafica è per a tutti. Qui non ci sono distinzioni tra uomini e donne, tutte le soggettività possono partecipare. I nostri messaggi sono molto potenti e rispondono a questi passaggi storici.

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IPR: Nei vostri social network siamo colpiti che ci sia un numero così grande di persone diverse, nonostante gli strati sociali e le differenze che esistono… Come è riuscita la campagna per l’aborto in Colombia a unire persone così diverse culturalmente e socialmente?

PP: Penso che tutto questo sia stato amplificato durante lo sciopero nazionale nell’aprile 2021, è diventato chiaro che le élite sono pochissime a Cali. Cali è una città popolare, tu puoi appartenere allo strato 6, ma le tue pratiche sono popolari. È diventato manifesto, lo sciopero nazionale ci ha mostrato quella realtà. Le élite sono sempre state contrarie all’attivismo e hanno cercato soprattutto i mezzi per cancellare e sopprimere le nostre espressioni artistiche e militanti.

© Frente Gráfico Feminista

L’arte deve essere sicuramente usata come strumento pedagogico. Non solo per gli strati sociali più bassi o più vulnerabili, ma per tutti. L’esplosione sociale ci fa vedere che siamo divisi ma, che siano le classi popolari o le élite, hanno tutto bisogno di strumenti pedagogici per capire cos’è il femminismo e qual è la nostra lotta.

Con la battaglia per la depenalizzazione dell’aborto a Cali, è stata realizzata una campagna pedagogica per fornire alle donne informazioni sui loro diritti sull’interruzione di gravidanza e in base alla sentenza della Corte Costituzionale. La pedagogia veniva praticata soprattutto nei quartieri più poveri della città. Il lavoro è stato molto forte, la comunicazione grafica è stata fondamentale. Abbiamo organizzato numerosi seminari e abbiamo costruito un’agenda molto strutturata per poter fare una pedagogia coerente prima e dopo la sentenza sull’aborto in Colombia.

© Frente Gráfico Feminista

La grafica ha il compito di fare il “click” sulle persone per poter promuovere un lavoro di divulgazione delle informazioni. Abbiamo creato una cartella grafica, con illustrazioni, poster, documenti grafici e tutto ciò che contiene indicazioni, dati e notizie sull’aborto che verrà distribuita in varie aree della città e in altre zone della Colombia. Stiamo lavorando a un manifesto, che prova a includere anche la fotografia. Vogliamo democratizzare le informazioni in modo che tutti gli strati e tutti i cittadini a Cali ricevano le informazioni. I social network sono stati alleati e si sono rivelati uno strumento molto potente.

© Frente Gráfico Feminista

IPR: Ci raccontate le vicende politiche che hanno accompagnato recentemente in Colombia la sentenza storica in cui la Corte Costituzionale ha votato la depenalizzazione dell’aborto fino alla ventiquattresima settimana? È stato un trionfo del movimento femminista e cosa è cambiato?

PP: Questa sentenza è stata guidata da “Causa Justa”, un gruppo di avvocati di Bogotá, tra gli altri. È stato un processo molto combattuto. Quando è avvenuta la sentenza, tutte le élite conservatrici colombiane si sono scandalizzate. C’è anche da dire che in questo momento stanno accadendo così tante cose in Colombia, che la gente ancora non lo capisce molto bene. C’è ancora molta ignoranza su questo argomento, ma in realtà per noi quello che è successo è una VITTORIA, all’interno di una lunga battaglia, sul potere di “decidere”. Essere in grado di decidere è molto importante. Che le popolazioni più vulnerabili del paese possano avere accesso all’aborto per i casi di stupro e che questo non sia considerato un reato, è gratificante.

Questa è una vera risposta alla realtà colombiana dove tante ragazze muoiono per aborti illegali. Il compito ora è di essere in grado di diffondere queste informazioni in modo pedagogico. Ciò che lo permetterà è che ora abbiamo sicurezza e libertà come donne.

© Frente Gráfico Feminista

© Frente Gráfico Feminista

© Frente Gráfico Feminista

© Frente Gráfico Feminista

Partecipanti del Frente Gráfico Feminista:

@frentegraficofeminista

Yina Obando @yina_obando

Anna-Lena Diesselmann @anidiesselmann

Ana Prado @automaticavisual

Natalia Rubiano @la.mancha.grafica

Crvda @cruda__

Irene No Muerde @irenenomuerde

Valeria Peña @canelita_arte

Cora @rojacora

Anto Otoya @anto.otoya

Sara Agustina @saraagustina

María José Pachón @majopape @elmalditotaller

Andrea Puentes @andreapuentes_09 @elmalditotaller

Lili Cuca @lili_cuca

Isa Bounge @la.mona.isa

Pat Prado @patopradop

© Frente Gráfico Feminista

© Frente Gráfico Feminista

© Frente Gráfico Feminista

L’intervista è stata realizzata in occasione di Imparare a trasgredire. Omaggio a bell hooks, momento conclusivo del corso teorico di Allestimento II, tenuto da Elvira Vannini con gli artisti e curatori del 2^ anno del Biennio in Arti Visive e Studi Curatoriali di Naba, Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, nella convinzione che il sapere di genere sia pervasivo di ogni disciplina e non qualcosa a sé stante. La teoria femminista, ci dice bell hooks, ha trovato spazio nelle università creando un ghetto accademico collegato al sistema-mondo ma privato di ogni radicalità, come ogni altra disciplina accademica, portando solo un cambiamento di contenuti, senza trasformare metodi, linguaggi e immaginari contro-egemonici. L’evento è stato ideato, curato e organizzato, in modo orizzontale e attraverso la creazione di uno spazio creativo radicale, da: Greta Maria Gerosa, Luning Guo, Zixin Han, Alessandra La Marca, Maria Cristina Marra, Michela Montedonico, Katia Mosconi, Jia Ni, Martina Nardi, Elisabetta Nosadini, Benedetta Porrini, Giulia Profeti, Daniela Riva, Silvia Rossetti, Noemi Scarpa, Ruoxi Song, Yicheng Tao, Giulia Tortora, Shaoqi Yin, Yiying Zhang, Jing Zhao.

© Frente Gráfico Feminista

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