Right to the City. On the institution of the commons

di Simona La Neve

 

«Il diritto alla città è molto di più che la libertà individuale all’accesso delle risorse urbane: è il diritto a cambiare noi stessi cambiando la città». David Harvey, Rebel Cities: From the Right to the City to the Urban Revolution, 2013.

“In tutti questi casi la partecipazione funziona sempre come mascheramento, mimetizzazione: l’arte come strumento dell’inganno, e la natura come cavallo di Troia. La popolazione di Parigi aveva trovato già nel XIX secolo una definizione appropriata per questo tipo di abbellimento cittadino di stampo capitalistico; essi riconobbero infatti gli astuti interventi urbanistici, i sontuosi boulevards del barone Haussman per ciò che essi realmente sono: embellissement stratégique – provvedimenti di abbellimento strategico. Ma dove si lavora a un’immagine, un’immagine si può anche distruggere. Smettiamo di essere gentili. Mettiamoci al lavoro”[i]

“Il cube è dirty, precisamente perché non è guardato come un incubatore che porta insieme l’arte e l’economia capitalista, ma perché permette il concatenamento trasversale di pratiche e di gruppi che non avevano mai cooperato prima gli uni con gli altri, e che invece adesso portano disordini, impurità, inquietudine […] Invece delle promesse luccicanti dell’Isola creativa sorge qui, nella mischia, la trasversalità selvaggia dell’industria Isola che rifiuta l’obbedienza, la cooperazione e l’auto-addomesticamento negli incubatori dell’industria creativa” [ii]

 

Lotteria dei compromessi politici nell’offerta di abitazioni popolari

La lotteria dei compromessi politici nazionali legati all’offerta di abitazioni popolari è sempre stata affine alla sistematicità del gioco di fortuna. Il ministro del Lavoro Amintore Fanfani presentava i primi Provvedimenti per incrementare l’occupazione operaia e case per lavoratori [iii]con la logica di assegnazione tramite estrazione a sorte. [iv] In linea generale nel 1948 si era coscienti che le costruzioni sarebbero state ben al di sotto del fabbisogno di abitazioni.

Ruolo delle attività pubbliche connesse a quelle private

É utile chiedersi ancora oggi cosa sia un servizio pubblico?

Probabilmente per una buona fetta di cittadini italiani il concetto empirico di pubblico conduce direttamente alle pratiche burocratiche, al rapporto tra un singolo e un’istituzione piuttosto che a un senso di collettività, di relazioni e di spazi della città. Se tracciamo un percorso a ritroso troviamo ricerche che già solcavano una possibile evoluzione (o involuzione) del concetto di pubblico. Nel 1954 Campos Venuti, un rinomato urbanista italiano, rese noti i risultati di un’indagine sulla città di Roma. Erano solo sette i proprietari che possedevano ben 36 milioni di metri quadrati di terreno, praticamente tutti i terreni su cui nel 1954 si poteva immaginare il futuro della città. [v] Si trattava di aree che solo percettivamente potevano intendersi come pubbliche poiché ci si misurava, oggi come allora, con le questioni legate alla rendita urbana. La pratica della rendita, fenomeno economico proprio del regime immobiliare della proprietà privata, sfumava nel campo del settore pubblico. La difficoltà di regolamentare le città è inoltre esemplare con il primo grande piano in Italia: il Piano Regolatore di Milano del 1943 dove, ad esempio, non si qualificavano né si localizzavano i servizi pubblici. Ciò succedeva mentre la legge urbanistica [vi] rendeva il piano immediatamente prescrittivo, autorizzando da subito l’esercizio dei diritti privati e trascurando invece l’esigenza di una certa quantità e qualità di servizi pubblici. Il gioco delle assegnazioni di servizi pubblici era poco determinante per l’avvio delle città moderne. Questo ha strutturalmente contribuito alla logica di una città tendenzialmente pensata come privata e gestita da pochi. I sovrapprezzi della speculazione hanno poi contribuito alla ricetta della città contemporanea.

 

Abitare illegale e giochi di fortuna

La distribuzione di alloggi popolari nel corso degli anni si è trovata più volte faccia a faccia con la sopraffazione del privato come logica remunerativa di pochi.

Questo bagaglio di significato univoco piuttosto che molteplice di “pubblico” è stato determinante nello sviluppo dei centri italiani. Ciò ha difatti definito un modus operandi, un modello che per molti anni, nonostante gli aggiustamenti previsti con gli standard urbanistici [vii], rimase critico e irrisolto.

Parlare di città significa oggi ancora parlare di case, anche in merito alla funzione primaria degli attuali dati sul consumo di suolo. Il patrimonio pubblico rimane spesso imbrogliato in pratiche politiche complesse che congelano gli alloggi disponibili vuoti che attendono di essere assegnati. È così che le pedine devono trovare una strada, un sistema per non affidarsi alla pura fortuna, in quanto il giocatore in effetti non trova la possibilità di eseguire alcuna scelta strategica. In tutto l’Occidente milioni di persone subiscono gli effetti del mercato della casa e la risposta della cittadinanza colpita da tali politiche si avvicina all’abitare disobbediente.

Una fetta di abitanti risponde alla ricerca di un tetto anche sposando una visione originaria dei principi dell’abitare. Difatti, l’illegalità dell’abitare è la forma più antica al mondo per avere una casa e tutti siamo discendenti di occupanti illegali, come ribadì Colin Ward, incessante ricercatore tra le figure più influenti dell’anarchismo. [viii]

Milano, via Gola e le realtà contemporanee dell’illegalità

L’occupazione illegale, ad esempio nella città di Milano, ha una lunga storia ed è organizzata intorno a piattaforme politiche di aggregazione. Non ci si limita ad abitare le case pubbliche libere ma ci si occupa di organizzare anche quello che potremmo chiamare un welfare autogestito. [ix]

Ecco che la città diviene un sistema complesso e di difficile lettura se consideriamo poi la qualità delle relazioni che si vengono a creare in alcuni sistemi illegali temporanei e che diversamente dal pensiero comune offrono qualche servizio di aggregazione.

Una delle realtà della zona sei di Milano che vive questi conflitti è via Gola, un’area compresa tra i due navigli e nota ai più per le minacce di occupazione e sgomberi. Il tabellone di gioco presenta un sistema ingegnoso e intricato che comprende diversi e variegati attori: la proprietà ALER, ente socio-economico dotato di propria autonomia e personalità giuridica, il Comitato politico di Lotta Casa e Territorio con sede centrale in Via Torricelli a cui fa riferimento lo Spazio Comune Cuore in Gola, i residenti pubblici assegnatari, gli occupanti, i nuovi inquilini, una fetta di criminalità organizzata e piccoli commercianti. Il confine del tabellone di gioco è incastonato nel cuore della movida milanese e fa parte di uno di quegli spettacoli di cui spesso riusciamo a intuire la trama e il finale. La morte di Davide Cesare nel 2003 a Milano, in prossimità di via Gola, conferì alle questioni già in essere un’estrema risonanza che spinse poi il vicesindaco De Corato, tre anni dopo, alla chiusura pubblica di alcuni centri sociali, tra cui O.R.So. (Officina di Resistenza Sociale). [x]

Gli occupanti in quell’occasione dichiararono «restituito agli speculatori un pezzo della città». Da allora i passi mossi dalle istituzioni per via Gola sono quelli del ripensamento dell’area tramite progetti di rigenerazione, riqualificazione, recupero, customizzazione e altri appellativi utilizzati sempre più come forma mediatica. A oggi è difatti fruibile la sola pedonalizzazione parziale della via. Sono invece presenti telecamere di controllo e cioè sistemi di “percezione della sicurezza” legati al fenomeno della finestra rotta più che a politiche specifiche. [xi] Di tutte le questioni che riguardano metropoli come Milano la più urgente è indubbiamente quella della gestione dei numerosi spazi abbandonati che spesso comprendono unità edilizie pubbliche disponibili. È tendenzialmente il vuoto abitativo disponibile su cui fanno leva comitati ed associazioni. La situazione che si presenta oggi in via Gola è mista: abitanti assegnatari e illegali. Gli alloggi popolari, in un quadro prettamente diagnostico, presentano inoltre necessità di migliorie sia nella superficie esterna che nelle aree attrezzate e, questo accade nonostante il compito della manutenzione straordinaria spetti alla proprietà. [xii]

 

Arte pubblica e dichiarazioni d’intenti

Le criticità delle città sono note da decenni grazie a filosofi e tecnici, da Foucault a Benevolo [xiii] convergendo in dichiarazioni di sconfitta e fine della città. Un diretto riferimento è legato sia all’impossibilità di vivere in pieno alcuni spazi pubblici che alle morfologie degli organismi urbani sempre più similari al territorio. Le nuove frontiere si spingono sulla necessaria azione nelle aree già esistenti. Da qualche anno vi è poi un crescente interesse istituzionale per le pratiche dello spazio pubblico, abitativo e di servizio, il cui attore non è solo l’amministrazione, gli stakeholder e i cittadini ma anche tutta la sfera di artisti e addetti al settore. Il rischio crescente è quello di svuotare i significati delle politiche integrate concepite dalle istituzioni su lunghi tempi e di canalizzare aspettative irreali nei cittadini. La nascita della “classe creativa” coniata nel 2006 da Richard Florida, guru dello sviluppo economico degli ultimi dieci anni è stata un vettore di nuove economie spesso fallimentari nel senso stretto di cosa si vuol intendere per sviluppo urbano tramite l’arte. A Louisville, Florida ha ad esempio indicato il museo Louisville Slugger come possibile calamita della creative-class. Da molti anni a questa specificità capitalistica delle amministrazioni si affiancano al contempo un ampio numero di attività e pratiche di artisti che fuori dai loro studi incalzano progetti collaborativi in quella che viene definita arte partecipativa. Quest’ultima è quindi percepita come contesto che incanala il capitale simbolico dell’arte oltre che quella fetta di utenti che sono disposti a lavorare gratuitamente a favore dell’arte. Claire Bishop inoltre afferma «l’ambizione di una parte politica di innalzare l’arte e gli artisti a risolutori di problematiche sociali pare non essere una illuminante visione ma una modalità per far accedere al Santo Graal del consumismo autosufficiente e di essere indipendenti da qualsiasi aiuto sociale». [xiv] Le ricerche che si possono sviluppare quindi in tali ambiti non dovrebbero essere comunicate con una forma risolutiva ma piuttosto con quella dell’accoglienza e sperimentazione di dialoghi e relazioni umane nelle aree urbane in cui l’opera – intesa in questo caso come azione – si svolge.  Così come una scultura dialoga con la sua superficie, il suo ambiente, allo stesso modo un’azione di arte pubblica agisce con le entità fisiche che incontra.

Circostanze urbane, atto I, di Fabrizio Milani a cura di Simona La Neve, photo di Simona Cutitta.

Circostanze Urbane, atto I in via Gola, di cui mi sono occupata con l’artista Fabrizio Milani, è tra i tentativi artistici e progettuali che agiscono nello spazio pubblico cercando di bypassare alcune modalità pilotate sulle forme di calamita per la creative-class. La via, in merito alla sua redditizia posizione tra i navigli è al contempo anche il luogo di un prevedibile rinnovamento. Tramite i codici estetico-linguistici dell’artista si cerca di catturare o registrare temporaneamente il paesaggio urbano destinato all’oblio della sua immagine attuale. Nell’atto di testimoniare una traccia del presente, in previsione delle future risposte della pianificazione e dei suoi costi collettivi, il lavoro il potere evocativo della convivialità come stimolo ad atti inclusivi. Un programma di laboratori artistici e attività con le associazioni di quartiere è confluito il 19 ottobre in una festa. Un’installazione collettiva temporanea in cui visionare le componenti realizzate insieme ai bambini di età scolare residenti nella via. Fulcro dell’installazione è il furgoncino da mercato a cui si agganciano tessuti e tende le cui trame circensi si moltiplicano e si confondono; una sorta di “meticciamento” che ricorda riflessioni e condizioni della città contemporanea. Nell’unica giornata aperta al più ampio pubblico la tensostruttura circense si trovava al centro della strada, cercando di accogliere passanti e avventori casuali, bambini e famiglie che hanno contribuito alla realizzazione dell’allestimento. Un archivio consultabile sotto il tendone mostrava documenti e immagini concesse dal CEDAC – Centro Educativo Arti Circensi con tensostrutture e chapiteau circensi alternate a disegni realizzati da Fabrizio Milano con tecnica mista su carta in cera e paraffina.

Circostanze urbane, atto I, di Fabrizio Milani a cura di Simona La Neve, photo di Luise Ursula Margarethe von Nobbe.

Il progetto di ricerca segnala nel suo gergo teatrico, un primo atto e cioè una possibilità di dialogo, una dichiarazione d’interesse alla relazione. In otto mesi d’incontri privati con i residenti – in previsione di un unico appuntamento aperto alla cittadinanza completa – la promozione esterna degli eventi è rimasta assente definendo un cul de sac relazionale. La riflessione più netta che introduce e connota il nostro progetto è quella della similitudine tra lo sviluppo urbano-architettonico del circo e quello della città: una ricerca, una chiave di lettura che permette di analizzare alcune dinamiche urbane. La forte relazione esistente tra abitanti e strutture temporanee circensi viene evocata da ulteriori documenti: uno stralcio di giornale del 1962 mostra un articolo. A Milano in quell’anno si ospitava il Circo Togni ma durante un incendio accidentale lo chapiteau centrale venne totalmente distrutto; istituzioni e semplici cittadini si adoperarono alla ricostruzione e al ritrovamento dei materiali oltre che al recupero degli animali in fuga. In quegli anni il circo si localizzava ancora nel centro della città, in piazza Duomo. Il circo apriva il proprio strano mondo direttamente nel cuore delle città, nelle piazze sotto casa, dove lo chapiteau permetteva a tutti di confrontarsi con una cultura anomala. In Italia è presente una grande tradizione di circo ma oggi costituisce un immaginario relegato ai parcheggi di periferia o a spazi temporanei negli shopping malls [xv] sempre meno aderenti a quell’epifania di cui parlava Fellini. Le compagnie circensi hanno una lunga storia ma quella del circo viaggiante e temporaneo è più recente. [xvi] Nasce come circo stabile con architetture istituzionali che ospitano compagnie fisse nei centri delle città. La necessità è quella di garantire l’identità del servizio inteso come servizio pubblico, di regolamentare gli spettacolisti girovaghi e di proteggersi da eventuali condizioni climatiche sfavorevoli che allontanavano i potenziali paganti. Da qui in avanti lo sviluppo della città avrà molto in comune con quella del circo. La città si sviluppa tecnologicamente così come il circo e le sue tipologie architettoniche nascono – in entrambi i casi – tramite agglomerazione e fusione, riunendo la morfologia delle diverse attività [xvii] . È solo successivamente che il circo conosce il suo declino, la sua illegalità. La dimensione di vicinato della conduzione familiare, la piccola attività sarà a favore invece delle grandi multinazionali quali il grande Cirque Du Soleil.  Anche a livello prettamente architettonico si preferisce il monumentalismo dello chapiteau in sostituzione ai piccoli tendoni “parapioggia” di tradizione Europea e Americana. [xviii]

archivio CEDAC- Cartolina vista a volo d’uccello delle tende di Barnum & Bailey-Stampata da Courmont frères, Paris.

archivio CEDAC-Le cirque-Sorite d’une Matiné, foto di L. Caron, Amiens.

archivio CEDAC – Circo Franchetti – foto Edgardo Meda, Barcellona, senza autore.

Oggi potremmo annoverare al fenomeno della grandiosità nelle strutture circensi, una parte di vizi che hanno gravato anche sul sistema organizzativo economico e sociale della struttura urbana contemporanea. Così come le piccole ma diffuse realtà artigianali e commerciali vivono la crisi del comodo shopping malls allo stesso modo il circo a conduzione familiare conosce la sua crisi profonda.

Nessun gioco di fortuna può definire equilibri dialettici tra pubblico e privato ma strutturando i temi della temporaneità nella gestione del patrimonio architettonico esistente è possibile ancora riflettere sulla qualità dello spazio pubblico e degli alloggi pubblici. Grazie alla legge 337 del 1968 si afferma inoltre che “Lo Stato riconosce la funzione sociale dei circhi equestri e dello spettacolo viaggiante. Pertanto, sostiene il consolidamento e lo sviluppo del settore”. Le più recenti normative modernizzano il circo tralasciando totalmente questa funzione sociale che chiaramente stimolava e ritmava proprio lo spazio pubblico a ridosso del centro città e delle abitazioni. Viene a questo punto da chiedersi quantomeno cosa significhi oggi disobbedienza e se in una società di consensi taciuti, ci sia ancora la possibilità di mettere in discussione le strutture primarie dei luoghi che abitiamo.

Circostanze urbane, atto I, di Fabrizio Milani a cura di Simona La Neve, photo di Simona Cutitta.

Circostanze urbane, atto I, di Fabrizio Milani a cura di Simona La Neve, photo di Elvira Vannini.

Circostanze urbane, atto I, di Fabrizio Milani a cura di Simona La Neve, photo di Luise Ursula Margarethe von Nobbe.

Circostanze urbane, atto I, di Fabrizio Milani a cura di Simona La Neve, photo di Luise Ursula Margarethe von Nobbe.

Simona La Neve (1985) è una curatrice indipendente con sede a Milano. Si laurea in Architettura con una tesi sulle tratte urbane e mercantili a Istanbul. Svolge la libera professione e collabora con l’Istituto Nazionale di Urbanistica (2014); con Temporiuso del DASTU, Politecnico di Milano (2015) e con i Bocs Art-Residenze artistiche Internazionali (2014-2017, Cosenza). Nel 2017 vince il concorso internazionale “Dalla memoria alla materia – Arti visive e Studi Curatoriali” e struttura la sua ricerca sui temi dell’identità sociopolitica nei tessuti sociali alla scala urbana e territoriale con uno sguardo privilegiato rivolto all’arte contemporanea.

Fabrizio Milani (1988) vive e lavora tra Varese e Milano. Si diploma in Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze e attualmente frequenta il Biennio in Arti visive e studi curatoriali, presso NABA, Nuova Accademia di Belle Arti di Milano. Realizza installazioni, architetture e sculture in cui si rintracciano miti e personaggi dell’immaginario teatrale e circense. Influenzato dalla filosofia di Hans-Georg Gadamer e Guy-Ernest Debord, struttura la sua ricerca sui temi dell’autenticità scardinando giochi senza regole nel tentativo di disinnescare i codici nascosti dell’esistenza.

Fabrizio Milani, III sketches of circus characters, paper, pigments, pencil, wax and paraffin, 210 × 297 mm 2016.

Fabrizio Milani, VI sketches of circus characters, paper, pigments, pencil, wax and paraffin, 210 × 297 mm, 2016.

Fabrizio Milani, XI sketches of circus characters, paper, pigments, pencil, wax and paraffin, 210 × 297 mm, 2016.

note:

[i] Christoph Schäfer, “Abbellimento Strategico”, in AAVV, Fight-Specific Isola. Arte Architettura, Attivismo e il Futuro della Città, ArchiveBooks, Berlino, 2012.

[ii] Gerald Raunig, “Industria Isola”, in AAVV, Fight-Specific Isola, ibidem.

[iii] Provvedimenti per incrementare l’occupazione operaia, agevolando la costruzione di case, Discussione del disegno di legge, Legge Ordinaria n° 43 del28 febbraio 1949, Atti Parlamentari, Camera dei Deputati.

[iv]Disegno di legge – Provvedimenti per incrementare l’occupazione operaia, agevolando la costruzione di case per i lavoratori, Atti Parlamentari, Documenti, Camera dei Deputati, Seduta del 12 luglio 1948, p. 11.

[v] Campos Venuti, Città senza cultura, Intervista sull’urbanistica, a cura di Federico Oliva, Laterza, Bari, 2010, p. 16.

[vi] Legge 17 agosto 1942, n. 1150, Legge urbanistica Nazionale.

[vii] Decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge n. 765 del 1967.

[viii] Andrea Staid, Abitare Illegale, Etnografia del vivere ai margini in Occidente, Le Milieu Edizioni, Milano, 2017, p. 60

[ix] Ivi, p. 71.

[x] Davide Cesare è stato ucciso nel 2003 in seguito a scontri, ed assunto a simbolo della lotta antifascista.

[xi] Fabrizio Bottini, Teoria della Finestra Rotta e sicurezza urbana percepita (1982) in La città conquistatrice, Da: The Atlantic, marzo 1982; titolo originale: Broken Windows. The police and neighborhood safety – Traduzione di Fabrizio Bottini, 2018.

[xii] Il Ministero delle finanze ha chiarito che l’aliquota IVA del 10 per cento, in vigore dal 1° gennaio 1998, per le prestazioni di servizi aventi a oggetto la realizzazione di interventi di manutenzione straordinaria di edifici di edilizia residenziale pubblica, riguarda esclusivamente quelli realizzati da Stato, enti pubblici territoriali, IACP e loro consorzi e fruenti del pubblico intervento sotto forma di contributo statale ovvero di finanziamento con fondi pubblici, restando escluse, tra l’altro, le prestazioni professionali ad essi inerenti (Tab. A, parte III, n. 127-duodecies, D.P.R. n. 633/1972, inserito dall’art. 1, comma 11, legge n. 449/1997).

[xiii] Leonardo Benevolo, La fine della città, Intervista a cura di Francesco Erbani, Editori Laterza, Bari, 2011

[xiv] Claire Bishop, Hartificial Hells: Participatory Art and the Politics of Spectatorship, Verso Books, Londra, 2011, p.26.

[xv] Nella città di Milano il circo di Nando Orfei è ospitato presso lo Scalo Milano shopping village.

[xvi] La leggenda della città viaggiante: storia degli italici tendoni, di Raffaele De Ritis, in Circo.it – Sito del mensile Circo, Ente Nazionale Circhi, 2018.

[xvii] Gianfranco Caniggia e Luigi Maffei, Lettura dell’edilizia di base, Alinea, Firenze, 2008.

[xviii] Alessandro Serena, Storia del Circo, Mondadori, Milano, 2008.

 

 

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *