O que é Arte, para que serve? Paulo Bruscky, attivismo politico tra Arte e Poesia

di Chiara Lupi.

Recife (Brasile), 1973, Ponte da Boa Vista, cinque del pomeriggio. Le macchine sono ferme al semaforo, i pedoni sui marciapiedi laterali continuano a camminare. Un nastro rosso viene legato da un lato all’altro del ponte, interposto tra il flusso di macchine e persone. La principale arteria di scorrimento della città smette di funzionare. Dalle autoradio, le parole del generale Emilìo Garrastazu Médici sulla crisi petrolifera riecheggiano e si mescolano al brusio sconcertato delle persone sul marciapiede. Una macchina in prima fila riaccende il motore, avanza lentamente, strappa il nastro e lo supera. Le altre macchine la seguono. Il nastro strappato rimane a terra.

Paulo Bruscky, Arte/Pare (Art/Stop), performance, 1973. Still da video, Courtesy: the artist and Galeria Nara Roesler, New York, Rio de Janeiro, São Paulo.

Paulo Bruscky, Arte/Pare (Art/Stop), performance, 1973. Still da video, Courtesy: the artist and Galeria Nara Roesler, New York, Rio de Janeiro, São Paulo.

Art/Stop [Arte/Pare] è stata un’azione con la quale Paulo Bruscky, militante e artista brasiliano ha inferto una frattura temporale e spaziale alla città di Recife: un atto di resistenza contro l’appiattimento culturale promulgato dalle politiche oppressive del regime militare di Emilìo Garrastazu Médici. Dalla fine degli anni Sessanta, più precisamente dall’emanazione dell’Atto istituzionale n.5 del 1968, la fine della democrazia venne formalizzata insieme all’istituzionalizzazione di stragi e torture come pratiche di Governo. Divennero sempre più frequenti incarcerazioni per “tendenze sovversive”, insieme all’esilio di intellettuali.

Paulo Bruscky, Arte/Pare (Art/Stop), performance, 1973. Still da video, Courtesy: the artist and Galeria Nara Roesler, New York, Rio de Janeiro, São Paulo.

Nello stesso anno, la seconda Biennale di Bahia fu chiusa dopo sole ventiquattro ore. Nel suo discorso di apertura, il governatore Luiz Vianna Filho aveva infatti dichiarato: «Tutta la giovane arte deve essere rivoluzionaria… La libertà è Arte». Le opere vennero confiscate, gli organizzatori della mostra incarcerati. La censura iniziò a limitare la produzione di conoscenza, la libera circolazione di informazione e di produzione artistica.

Paulo Bruscky, Poesia Viva (Poetry Lives), 1977. Courtesy: the artist and Galeria Nara Roesler, New York, Rio de Janeiro, São Paulo.

Paolo Bruscky ha iniziato la sua pratica di Poesia Visiva lontano da un contesto istituzionale dell’arte. Conosceva i proposers artist, tra i quali Hélio Oiticica e Lygia Clark, e fin dai tempi dell’università la sua produzione artistica è stata un attacco alla censura e alle istituzioni. Viveva l’attivismo politico all’interno della sua casa studio. Era riuscito a recuperare una fotocopiatrice da ufficio con cui stampava le poesie che avrebbe poi appeso per le strade o distribuito in università:

Paulo Bruscky: «Negli anni Sessanta in Brasile procurarsi un ciclostile non era semplice. Era necessario compilare un modulo per fare richiesta di acquisto all’Esercito. Se i militari lo trovavano in casa era peggio che detenere un’arma. Però le forme di riproduzione e moltiplicazione venivano continuamente reinventate e personalizzate da chi aveva necessità e all’università avevo trovato il mio modo di produrre e distribuire volantini, che non erano stampati in ciclostile. Ero vorace nella produzione perché volevo gridare attraverso i miei segni».

Una fame di documentazione e un bisogno di verità l’hanno portato a intrattenere corrispondenze clandestine con altri artisti internazionali, entrando a fare parte del circuito della Mail Art. Nel 1973, Bruscky ricevette una busta da Robert Rehfeldt, artista e poeta di Berlino Est, tra gli attivatori del movimento della Mail Art. All’interno trovò una lunga lista di artisti di molti paesi e una richiesta: Spedisci una lettera al primo della lista, poi depenna il suo nome e aggiungi il tuo in fondo alla lista. Fai dieci copie di questa lista e inviala ad altrettanti artisti. Robert.

Paulo Bruscky, Nós, consumidores de lixo do Brasil, exigimos roupas especiais contra radiação, 1987.

Paulo Bruscky, Brazil, Torture Never More, 1988.

Paulo Bruscky era stato invitato a entrare in una rete globale. Erano molteplici i motivi per i quali gli artisti si avvicinavano al movimento: per gli artisti di New York e di Chicago c’era la volontà di schierarsi nei ranghi della critica istituzionale (postumi per la storigrafia ma attivi proprio a partire da quel decennio) per aggirare il sistema delle gallerie commerciali; altri volevano disintegrare l’aura dell’opera d’arte unica, ma per Rehfeldt e Bruscky, che operavano all’interno di regimi repressivi, era diverso. Nessuno dei due aveva possibilità espositive pubbliche o di entrare in comunità professionali riconosciute, come avveniva per i coetanei di altri paesi. Ciononostante, sentivano entrambi un senso di appartenenza a una condizione comune. Così racconta Bruscky:

«Conoscevo bene la condizione che vivevano nell’Europa dell’Est e la sentivo profondamente, perché era la mia. Avevamo a che fare con le stesse dinamiche, anche se la dittatura era diversa perché i militari sono sempre stupidi. Tranne chi sta dietro ad azionare la macchina di potere, penso per esempio a Golbery do Couto Silva».

Paulo Bruscky, Poesia Viva (Poetry Lives), 1977. Courtesy: the artist and Galeria Nara Roesler, New York, Rio de Janeiro, São Paulo.

Paulo Bruscky combatteva con le parole e le immagini di Poesia Visiva, recuperava carta o cartoni usati. Per lui non era importante il supporto su cui scrivere purché si scrivesse. Era incuriosito anche dai supporti usati dagli altri artisti, perché in quegli anni è avvenuto un “graphic exchange”, come scrisse Robert Rehfeldt, sulle tecniche di composizione e supporti cartacei. A Recife, la comunità di artisti aveva un modo di fare Mail art, letterario e performativo fin da subito. La gestualità aveva un’estrema importanza e derivava dalle influenze del movimento Poema Processo introdotto dal poeta di Rio Wlademir Dias-Pino, attraverso la rivista Ponto, nel 1967.

«Usavamo giochi concettuali visivi, spartiti e attività. Anche se non erano ancora partiture, suggerivano un sistema di codice segreto che il lettore doveva interpretare».

Aggirare le sorveglianze statali con francobolli usati, falsi timbri di approvazione apposti sopra le buste, non era un’operazione semplice. Innumerevoli sono state le volte in cui Paulo Bruscky ha ricevuto lettere con il timbro Cuidado com a violação, attenti alla violazione, apposto sulla busta, tanto che quasi in maniera preventiva e provocatoria Paulo si divertiva a stampigliare timbri autoprodotti con scritto Verifique sempre aquilo che você recebe (verifica sempre quello che ricevi) o con il segno X di non-approvazione. Le incarcerazioni sono state frequenti, come i ricatti e le richieste di collaborazione da parte della polizia segreta. L’attività artistica è per Paulo Bruscky:

«un’attitudine politica in cui non è ammesso nessun tipo di compromesso o repressione. Il giorno in cui esisterà solo una politica di censura io mi ucciderò».

Paulo Bruscky, What is art? What is it for? (O que é arte? Para que serve?), performance all Livraria Moderna di Recife, 1978. Courtesy: the artist and Galeria Nara Roesler, New York, Rio de Janeiro, São Paulo.

La libreria di Recife Livraria Moderna era il centro di una distribuzione clandestina di riviste e libri nazionali e esteri, grazie alla quale Paulo Bruscky riusciva a procurarsi samizdat, pubblicazioni marginali e poesia alternativa. Li comprava per sapere cosa succedeva all’estero. Non conosceva le lingue scritte ma gli bastava la forma visivo-linguistica del contenuto. Li voleva collezionare, fare suoi e, in un certo senso, tutelare. Il librario lo informava prontamente appena arrivavano i primi numeri di nuove pubblicazioni, come Lampião: un periodico gay stampato in una tiratura limitata di copie che, dopo i primi numeri, era stato bloccato.

«Il nome Lampião era molto ironico perché era stato il nome di un brigante cangaçeiro brasiliano. Un uomo che agli inizi del XIX secolo era assolutamente contro ogni tipo di regolamentazione e che era visto dalla popolazione con un misto di timore, rispetto e ammirazione. Un vero machista. […] Altro contenuto, oltre al sesso che veniva necessariamente controllato, era quello politico. Di Opinião, giornale di critica al regime, io ne conservo pile e pile di copie».

Rivista Lampião, archivio Paulo Bruscky.

Rivista Lampião, archivio Paulo Bruscky.

Questo giornale, come molti altri, fa oggi parte dell’archivio/casa Paulo Bruscky Archive a Recife che conserva circa settantamila materiali tra i quali le opere di artisti nazionali e internazionali collezionate con le corrispondenze di Mail Art, opere di Poesia Concreta e Visiva, cataloghi e oggetti che utilizzava nelle sue azioni Fluxus.

Paulo Bruscky, Xeroperformance “Art Without An Original”, New York, 1982. Courtesy: the artist and Galeria Nara Roesler, New York, Rio de Janeiro, São Paulo.

Paulo Bruscky, Xeroperformance “Cópia Conforme Original”, 1980. Courtesy: the artist and Galeria Nara Roesler, New York, Rio de Janeiro, São Paulo.

Paulo Bruscky, Xeroperformance “Cópia Conforme Original”, 1980. Courtesy: the artist and Galeria Nara Roesler, New York, Rio de Janeiro, São Paulo.

Organizzava spesso anche mostre clandestine come strategia di inserimento nella vita quotidiana della sfera pubblica di Recife. Tra le prime, organizzate insieme all’amico Daniel Santiago, Exponautica e Expogente a Boa Viagem nel 1971 sulla spiaggia di Recife. Per l’occasione aveva fatto lui stesso gli inviti con il mimeografo e li aveva dati in mano ai venditori di succo sulla spiaggia per una diffusione rapida dell’evento. Nel 1972 i due artisti in Artexpocorponte per proclamare l’azione collettiva, condivisione e comunicazione senza linguaggio, hanno invitato i partecipanti a comunicare tra due ponti di Recife lanciandosi carte colorate. Sempre lo stesso anno fecero Artemcágado, un’azione per la quale la coppia invitava i passanti a decorare le loro tartarughe per un’esposizione in strada, l’unico posto in cui l’azione poteva avere un senso.

«Una volta chiusa nelle gallerie, l’azione è morta»

Per coinvolgere pubblici estranei all’arte, tutto era improvvisazione, ci si doveva lasciare andare pur di far sì che gli altri si lasciassero andare, perché le azioni continuassero il loro corso. Nessuno, nemmeno Paulo Bruscky in qualità di artista e attivatore dell’happening, aveva il diritto di controllare gli altri, non quando si faceva arte:

«Era un’opera congiunta, di tutti»

Dunque il corpo come un corpo collettivo ma anche come campo possibile di intersezione tra testo e parola, portavoce di un’esperienza. O que é arte, para que serve?, Cos’è l’arte, a cosa serve?, una domanda sul ruolo dell’arte nella società, una scritta in tempera nera appesa al collo di Bruscky nel 1978. L’artista si era esposto in prima persona nella vetrina della libreria Livraria Moderna, dopodiché aveva distribuito fisicamente il messaggio camminando per le strade e per le piazze della città.

Paulo Bruscky, What is art? What is it for? (O que é arte? Para que serve?), 1978. Recife, Brasile. Courtesy: the artist and Galeria Nara Roesler, New York, Rio de Janeiro, São Paulo.

Una domanda aperta a tutti e a cui artisti come Paulo Bruscky hanno risposto con «L’Arte è Viva, l’Arte è Vita», un’arte indissociabile da un’esistenza spesso sofferente e portata a dura prova per la scomparsa di amici e compagni che, come lui, lottavano per la libertà. Paulo in questa giornata di sole, a Milano nell’aprile 2019 mi dice:

«Che senso ha la vita se non si è disposti a metterla in gioco pur di difendere la democrazia? Io sono stato fortunato, ma non avevo paura di morire per difendere una giusta causa, tutto quello che ho fatto l’ho fatto con la coscienza di quello che facevo e non avevo paura, come non l’ho adesso».

 

[traduzione dell’intervista di Ivna Lamart]

Paulo Bruscky visita Il Soggetto Imprevisto. 1978 Arte e Femminismo in Italia, a cura di Marco Scotini e Raffaella Perna, nella sala dedicata a Betty Danon e la Mail Art Internazionale, presso FM Centro per l’arte contemporanea, Milano, 2019.

Paulo Bruscky visita Il Soggetto Imprevisto. 1978 Arte e Femminismo in Italia nella sala dedicata all’esposizione Materializzazione del linguaggio, curata da Mirella Bentivoglio, che inaugurò il 20 settembre del 1978 nell’ambito della XXXVIII Biennale di Venezia, ai Magazzini del Sale. FM Centro per l’arte contemporanea, Milano, 2019.

Paulo Bruscky nasce nel 1949 a Recife e consegue la laurea in giornalismo presso l’Universidade Católica de Pernambuco nel 1978. Dagli esordi, Bruscky usa l’arte nelle sue battagli politiche come mezzo di contestazione e resistenza durante il periodo della dittatura militare in Brasile (1964-1985). Con lo scopo di coinvolgere pubblici estranei all’arte, organizza interventi urbani, happenings e performance collettive. Coniuga una forte coscienza politica con l’obiettivo di creare ciò che chiama anche “poesie viventi”. Dagli anni settanta pubblica una serie di annunci sul giornale e occupa cartelloni pubblicitari con messaggi quali: «Cercasi un chimico, un meteorologo o chiunque sia in grado di colorare una nuvola»,, oppure «L’arte è l’ultima speranza». Partecipa nei circuiti internazionali di Mail Art e si associa al movimento Fluxus. Nel 1976 presenta la prima mostra di Mail Art che viene chiusa dalle autorità brasiliane. In assenza di un mercato dell’arte per sostenere la sua pratica, Bruscky lavora per molti anni all’ospedale Agamenon Magalhães a Recife dove sfrutta alcuni strumenti per il suo lavoro – dalla macchina per l’elettroencefalogramma, al fax allo xerox. Durante più di cinquant’anni, raccoglie un’impressionante archivio di 70000 opere e documenti tra cui 1500 lettere da artisti di 52 paesi, ricevute grazie al circuito della Mail Art, che raccontano l’auto-istituzionalizzazione di una storia dell’arte completamente indipendente dalle istituzioni e dalle strutture del mercato. In occasione della mostra Il soggetto Imprevisto. 1978 Arte e Femminismo in Italia, Paulo Bruscky ha raccontato dei suoi scambi epistolari con molte delle artiste esposte aprendo un campo d’indagine per la Mail Art italiana.

Paulo Bruschy, Irma Blank, Marco Scotini e Mariuccia Secol nella sala dedicata all’esposizione Materializzazione del linguaggio, curata da Mirella Bentivoglio, che inaugurò il 20 settembre del 1978 nell’ambito della XXXVIII Biennale di Venezia, ai Magazzini del Sale; FM Centro per l’arte contemporanea, Milano, 2019.

Paulo Bruscky e Chiara Lupi, Milano, aprile 2019.

 

 

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