L’invenzione del tempo (Note ai margini della storia dell’arte) di Sara Benaglia

A quali questioni la critica non ha dedicato attenzione, trasformando non detti in assenze sistemiche, preferendo piuttosto la ripresa di letture “classiche”, “di stile” o fenomenologiche? In che modo razzismo e patriarcato riproducono le proprie gerarchie nella cultura, nell’arte?

“L’invenzione del tempo” è il capitolo introduttivo di Note ai margini della storia dell’arte, di Sara Benaglia, appena pubblicato da postmedia books.

L’invenzione del tempo

Fin dall’inizio, l’arte è stata uno dei terreni preferiti dall’imperialismo. Dopo il fascismo, l’Italia ha represso e falsificato nostalgicamente la sua storia coloniale. Ma quando è iniziata questa storia? Nel 1869, quando furono acquistati Assad e Massua, o molto prima? La penisola italica ha una storia millenaria e una tradizione schiavile che ci riporta sino al tempo dell’Impero romano. I concetti contemporanei di “colonia” potrebbero, paradossalmente, accorciare il passato, respingendo considerazioni sulla schiavitù in Italia dall’alto medioevo all’Ottocento, che invece costituiscono la lunga radice di razzismo e colonialismo in Italia. Mentre tornavo a più riprese sulla questione sono stata portata a mettere in crisi l’idea stessa di tempo.

Il tempo è una convenzione. È il 325 d.C. quando viene indetto il primo Concilio cristiano, il Concilio di Nicea. Il calendario è al tempo in ritardo di tre giorni rispetto alle stagioni. Per fissare la data della Pasqua, evitando il pluralismo liturgico nelle comunità cristiane [i], viene deciso di legare la Resurrezione del Cristo all’anno solare e al calendario di Cesare (46 a.C.-1582), utilizzando l’equinozio di primavera come data astronomica per la determinazione della Pasqua. La scelta del 21 marzo come data dell’equinozio di primavera è arbitraria. I padri conciliari eliminano due giorni dall’anno per correggere l’incongruenza temporale, ma il calendario giuliano e la data dell’equinozio di primavera rispetto alla misura reale dell’anno tropico continuano a mostrare un limite di calcolo [ii].

Clemente VI nel 1344 e Innocenzo VI dieci anni dopo affidano a importanti astronomi la riforma del calendario. Al tempo del Concilio Lateranense, con Leone X (1475-1521), tra coloro che si adoperarono per risolvere la desiderata riforma c’è anche Copernico, secondo il quale non è possibile arrivare a un calendario perfetto, poiché l’anno solare è variabile a causa dell’irregolare movimento degli equinozi. Più tardi, nel 1582, il calendario gregoriano entra in vigore, con la bolla papale inter gravissimas, in Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Polonia-Lituania e Belgio-Paesi Bassi-Lussemburgo e negli altri paesi cattolici entro cinque anni. Gli stati luterani e calvinisti si uniformano al calendario nel 1700, gli anglicani nel 1752, il Giappone nel 1873, l’Egitto nel 1875, la Cina nel 1912 e la Turchia nel 1924. Le Chiese ortodosse russa, serba e di Gerusalemme invece continuano a seguire il calendario giuliano.

Siamo stati tutti socializzati ai concetti occidentali di tempo, ma il tempo è una nozione mutevole, divisa attraverso le linee di classe, di genere e di razza. Quando gli strumenti del tempo [iii] aiutavano a posizionare la latitudine delle navi, la campana benedettina stava già dettando il ritmo della vita monastica, creando un’“isola del tempo in un mare senza tempo”. L’autorità della campana è stata esportata nelle fabbriche, nelle scuole e in luoghi dove non si era mai sentita prima, durante le missioni coloniali. I segnali acustici delle campane annunciavano, e annunciano ancora oggi, le ore del giorno.

Il tempo è eurocentrismo. Una settimana è composta da sette giorni. Tale organizzazione è un rituale che riattualizza continuamente la narrazione principale della mitologia giudaico-cristiana, sincronizzata al ritmo del capitale e del lavoro. I missionari che hanno attraversato gli imperi coloniali hanno predicato i vangeli della settimana di sette giorni. Quando insegnarono ai cosiddetti ‘selvaggi’ (selvaggi, come primitivi, sono essenzialmente concetti temporali, categorie del pensiero occidentale, costruiti nella logica della scienza evolutiva) a contare i giorni a gruppi di sette, il tempo divenne il tramite del potere coloniale e della resistenza anticoloniale.

Il tempo è regola coloniale. L’orologio non tiene il tempo, ma un tempo [iv]. Il tempo dell’orologio ha iniziato a muovere le sue lancette all’interno di un cerchio che è stato disegnato dalla schiavitù come matita da disegno. La conquista dello spazio è intimamente legata alla conquista del tempo. Per i neri la schiavitù è stata la colonizzazione del tempo futuro. Come ha scritto Simon Gikandi: “il movimento dello spirito schiavo era dominato dalla paura del futuro, essa stessa sintomo di un acuto senso di regressione del tempo. La nozione di futuro degli schiavi, nota un osservatore sulla nave Albion-Frigare, era quella di uno spazio di morte e cannibalizzazione” [v].

Per materializzare il tempo nero prescritto dai bianchi, seguiamo gli schiavi venduti tramite Bartolomeu Marchionni alla Repubblica di Venezia.

In Portogallo, a Lagos, nel 1444 [vi], arriva il primo carico di 235 schiavi neri rapiti dalla Mauritania meridionale. È l’inizio della tratta degli schiavi europea su larga scala, preludio della tratta atlantica degli schiavi. Bartolomeu Marchionni (1450-1530) è un mercante fiorentino di casa a Lisbona. Lavora come agente della Banca Cambini. Secondo Laurentino Gomes, tra la fine del XIV secolo e l’inizio del XV secolo, Bartolomeu Marchionni ha il monopolio del commercio di schiavi sulla costa del Benin. Un elenco di schiave nere africane spedite da Lisbona e vendute nella penisola italiana attraverso la banca Cambini risale agli anni Settanta del Quattrocento. Queste date scritte nel tempo sono visualizzazioni del dominio coloniale.

Risalgono a quest’epoca alcune caricature nere chiuse in orologi o vicine ad essi. I memorabilia veneziani in Piazza San Marco stanno ancora segnando il tempo nella città lagunare. Alzate lo sguardo per vedere i due mori della torre dell’orologio (1496-1499) che battono la campana [vii] con i loro martelli! Osservate la struttura della costruzione del tempo che scandisce anche le nostre giornate durante la settimana di apertura della Biennale di Venezia.

I mori della torre dell’orologio, 1496-1499, Venezia, Piazza San Marco

Un dipinto attribuito ad Annibale Carracci ed eseguito tra il 1583 e il 1585 raffigura una donna africana che tiene in una mano un elaborato orologio a prisma esagonale da tavolo inciso e ormolato [viii].

Annibale Carracci, Ritratto di schiava africana, 1580-90 ca.

“Orologi come questi erano all’epoca oggetti d’arte di estremo lusso, anche perché rappresentavano una tecnologia all’avanguardia.” [ix]. Ho trovato un orologio simile a quello del dipinto in un’asta di Christie’s [x]. Si tratta di un orologio francese da tavolo a prisma esagonale in metallo dorato con sveglia, prodotto dall’Ecole d’Horologerie d’Aix-en-Provence nel 1550 circa. L’orologio di quest’asta è stato citato in Tardy, French Clocks, the world over (Parigi 1981, I, p. 52).

Orologio da tavolo esagonale francese in metallo dorato con sveglia, 1550 ca., Aix-En-Provence, Ecole d’Horlogerie
 

Si presume che il soggetto del dipinto dei Carracci sia una sarta, a giudicare dai tre spilli conficcati nel suo stesso corpetto. Davanti a lei c’è una parte del corpo o una porzione di abito su cui starebbe lavorando. Non ci sono segni di schiavitù e la forza del suo sguardo verso lo spettatore non ne fa un soggetto debole. Ma perché ha un orologio in mano? È una sorta di custode del tempo? E che tempo si può tenere con un orologio con una lancetta rotta? Che relazione c’è tra lei e un tempo fermo?

Il filosofo tedesco Hegel nelle sue lezioni sulla filosofia della storia (1830-31) scrive che “l’Africa… è il paese dell’infanzia, avvolto nel colore nero della notte al di qua del giorno, al di qua della storia cosciente… È difficile … afferrare il carattere africano vero e proprio, poiché, per farlo, siamo costretti a rinunciare del tutto … a ogni nostra rappresentazione, all’universalità. Nel caso dei negri, l’elemento caratteristico è dato proprio dal fatto che la loro coscienza non è ancora giunta a intuire una qualsiasi solida oggettività – come, per esempio, Dio, la legge… è la sfrenatezza a contrassegnare il carattere dei negri. Questa condizione è incapace di sviluppo e di cultura” [xi].

Tra il 1884 e il 1885 si tiene in Germania la Conferenza di Berlino (conosciuta anche come Conferenza dell’Africa Occidentale o Conferenza sul Congo), a cui partecipano Russia, Turchia, Austria, Germania, Gran Bretagna, Francia e Italia. Sebbene non venga registrato negli atti ufficiali, questa conferenza consente alle potenze europee di rivendicare possedimenti nel continente africano sia attraverso il concetto di hinterland (per cui una potenza europea con rivendicazioni sulla costa aveva il diritto all’entroterra adiacente), sia tramite l’articolo 34 del trattato, per il quale ogni potenza partecipante, anche se non ufficialmente, può fondare un protettorato in Africa con il consenso delle altre.

Questa operazione di conquista spaziale è accompagnata da un’altra campagna, riguardante la standardizzazione del tempo e la conseguente oppressione temporale. Si tratta della Conferenza Internazionale del Primo Meridiano (IPMC) [xii], tenutasi nell’ottobre del 1884 a Washington D.C., con i delegati maschi di 25 Paesi in relazione diplomatica con gli Stati Uniti. In tale occasione, con un atto del Congresso degli Stati Uniti, viene fissata e raccomandata l’adozione universale di un meridiano primo comune, da utilizzare nel calcolo della longitudine e nella regolazione del tempo in tutto il mondo. L’IPMC formalizza, alla presenza dei diplomatici delle nazioni più potenti del mondo, qualcosa che è già stato deciso in due precedenti conferenze sulla questione del meridiano universale (quelle tenutesi a Venezia nel 1881 e a Roma nel 1883), ossia che il meridiano primo del mondo si trova all’Osservatorio di Greenwich a Londra.

L’imposizione della standardizzazione del tempo, dal cristianesimo prima e dalle nazioni europee poi, ci dice che nel mondo esiste un unico orologio. Ciò non può impedire, però, l’esistenza di tempi molteplici. Tempi che non sopprimono la cronologia, ma che la sovvertono. Tempi curvi, reversibili, traversi, longevi. Tempi che non seguono la linearità della scrittura (veicolo di modernità, razionalità e valore intellettuale). Sono i tempi non soppressi dall’ideologia del tempo lineare ed evolutivo. Sono i tempi che inaugurano quelle che Leda Maria Martins chiama una sophya e una cronosofia spiraliformi [xiii], presenti nella filosofia africana di Ka Mdibi, Alexis Kagame, Honorat Aguessy, Ngugi Thiong’o, nelle culture africane riversate in America e nell’ancestralità.

In che modo i tempi dei calendari influiscono sulla concezione e sopravvivenza di tempi altri, vicini all’idioma del corpo, che si piegano avanti e indietro, contemporaneamente?

note

[i] Molti cristiani rimanevano legati alla determinazione ebraica della data della Pasqua (Quartodecimani) il giorno 14 del mese di Nisan. Altri la celebravano la prima domenica successiva alla festa guidaica (Protopaschiti). Altri ancora la prima domenica del mese dopo l’equinozio di primavera.

[ii] Nel II secolo d.C. Tolomeo è il primo ad evidenziare l’errore.

[iii] Astrolabio, asta a croce, bussola, cannocchiale, tavola di traversata, lob e linea.

[iv] Giordano Nanni, The Colonisation of Time. Ritual, Routine and Resistance in the British Empire, Manchester e New York 2012.

[v] Simon Gikandi, Slavery and the Culture of Taste, Princeton 2011, p. 87.

[vi]1427: Diego de Silves scopre le isole Azzorre. 1434: Gil Eanes aggira Capo Bojador. 1470: viene “scoperta” l’isola di Sao Tomè. 1482-83: Diego Cam esplora il fiume Congo. 1485 Diego Cam percorre le coste delle attuali Angola e Namibia. 1500: Pedro Alvares Cabral raggiunge il Brasile. 1510: Goa viene conquistata dai portoghesi. 1515: Il Portogallo ha basi commerciali a Macao e Canton, in Cina. 1518: Viene costruita una fortezza in Srilanka. 1543: I portoghesi si recano in Giappone. Una serie di date, una serie di punti in fila. È questo il tempo? Perché indichiamo il tempo quando pensiamo alle espansioni geografiche?

[vii] Quando la torre dell’orologio viene costruita, il calendario veneziano ha una struttura diversa dal calendario gregoriano, poiché inizia a marzo (l’1 o il 21).

[viii] “Il ritratto passa dallo studio dell’artista a Carlo Maratta e poi al suo allievo Andrea Procaccini, incaricato di decorare il nuovo palazzo di Filippo V, San Ildefonso, a Segovia. Un inventario redatto alla morte di Filippo V lo cita come appeso nell’anticamera della regina. Nel 1812, dopo il soggiorno del Duca di Wellington durante la Guerra Peninsulare, il ritratto fa parte del cesto di dipinti presentato al Duca dall’Intendente di Segovia, che li definisce ‘i dodici quadri migliori e più artistici che sono riuscito a trovare’”.

[ix] https://www.nicholashall.art/journal/a-portrait-that-survives-the-test-of-time/

[x] https://www.christies.com/en/lot/lot-3941051

[xi] George W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, Roma-Bari 2003, pp. 80-87.

[xii] L’artista sudafricano William Kentridge dedica all’istituzione del meridiano di Greenwich un’installazione su cinque schermi: The Refusal of Time (2012). In una delle sequenze viene anche ripreso l’attentato anarchico all’Osservatorio Reale di Greenwich, in quanto rifiuto anticoloniale di un regime coloniale imposto. Lo slogan di questa rivolta è GIVE US BACK OUR SUN.

[xiii] Leda Maria Martins, Performances do tempo espiralar, poéticas do corpo-tela, Rio de Janeiro 2022, p. 42.


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