Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia

Discorso di Enrico Lunghi per l’inaugurazione della mostra.

Mudam, Lussemburgo, 29 marzo 2019.

 

Signore, signori, amici cari,

da quando ci siamo conosciuti, io e Bert abbiamo spesso dialogato per fax: ognuno dei suoi scritti era un invito alla riflessione.

In occasione dell’inaugurazione di questa sera, che mi sarebbe piaciuto vivere in sua presenza, ho avuto il desiderio di potergli inviare questo:

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Barbara Barberis © Archivio Bert Theis.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Barbara Barberis © Archivio Bert Theis.

Caro Bert,

Hai visto? Con la mia squadra – o meglio, ciò che ne resta [i] – ho mantenuto la promessa: la mostra che cominciammo a immaginare assieme, quasi quattro anni fa, apre questa sera al Mudam.

Quante ne sono successe da quel pomeriggio in cui tu ed io sentimmo il desiderio e la necessità di mostrare l’interezza del tuo lavoro in questo museo lussemburghese, nella speranza, come sempre, che ciò potesse stimolare l’immaginazione e il pensiero dei nostri concittadini.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Rémi Villaggi © Archivio Bert Theis.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Rémi Villaggi © Archivio Bert Theis.

Da allora, in effetti, ti sei dematerializzato [ii] – al di là delle tue speranze, immagino – e io ho lasciato il museo per non diventare un lacchè al servizio di coloro che volevano smantellare il progetto messo in piedi con la mia squadra nell’arco di otto anni [iii]; nel frattempo la società nel suo complesso ha continuato ad applicarsi, con crescente violenza, nel combattere le utopie concrete, come quella che tu stesso hai avviato nel quartiere Isola di Milano, e delle quali se ne trovano tanti esempi, belli seppur fragili, un pò ovunque.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Barbara Barberis © Archivio Bert Theis.

Anche se la tua voce non giunge più a noi, attraverso il tuo lavoro continui a sottolineare l’importanza e la necessità di tali alternative a quella follia dominante che, in una maniera così stupida, continua a credere nella crescita e nel profitto e che, come ben sappiamo, farà presto di questo bel pianeta blu un deserto inabitabile.

So anche che non hai mai accettato di tacere e che hai sempre detto le cose come le pensavi, come le vivevi.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Barbara Barberis © Archivio Bert Theis.

Già al liceo insorgevi contro un sistema che promuoveva gli abusi, conferendo a tavolino l’autorità agli insegnanti sugli studenti: tuttavia, tu ed io, sappiamo che la vera autorità non la si conferisce ma la si guadagna, attraverso la determinazione e l’adesione, altrimenti questa finisce sempre per imporsi con violenza – è sufficiente osservare ciò che accade oggi attorno a noi.

So che per te l’insegnamento era ben altra cosa: consisteva nell’aprire le porte e le finestre con il sapere e nel consegnare ad ogni allievo gli strumenti necessari per fabbricare le proprie ali.

Questa è la ragione per cui sei divenuto insegnante; persino quando hai lasciato il Lussemburgo per l’Italia, nel bel mezzo della tua vita adulta, fu nuovamente per insegnare, a modo tuo.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Rémi Villaggi © Archivio Bert Theis.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Rémi Villaggi © Archivio Bert Theis.

Sono felice, questa sera, di vedere un gran numero dei tuoi vecchi studenti accorrere da lontano per ritrovarsi attorno a questa mostra.

Mi sarebbe talmente piaciuto sentirti esclamare: «Vi saluto tutti quanti, amici dell’Isola!»

Credo siano in molti a rimpiangere i tuoi corsi.

Non è un caso che, ancora molto giovane, ti impegnasti nella Ligue Communiste Révolutionnaire: è li che hai trovato i compagni e l’energia necessaria per denunciare le flagranti ingiustizie della nostra società, per opporti alla guerra, per prenderti gioco della Chiesa che soffocava le coscienze e imponeva il silenzio – il tempo vi ha dato ragione, visto lo sfacelo in cui si trova oggi.

Detto ciò, sono sicuro che non ti immaginavi che i manifesti che realizzasti all’epoca si sarebbero trovati un giorno in un museo, ma ciò dovrebbe rallegrarti: osservandoli accanto alle opere che hai creato in seguito ci si rende conto che c’è qualcosa di grandioso nel lavoro che hai svolto.

È un tutto, fedele alle tue convinzioni, senza compromessi, senza viltà: certo, questo non vi ha sempre reso la vita facile, a te e a Mariette, ma so che lei ne è oggi tanto fiera quanto puoi esserlo tu stesso.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Barbara Barberis © Archivio Bert Theis.

Il tuo esordio d’artista fu come tutti gli esordi: ti cercavi. Eppure ti era stato insegnato ad ammirare la pittura, ciecamente oserei dire, con una convinzione tale che oggi mi parrebbe sospetta – come se bisognasse per forza saper dipingere per essere un artista – che razza d’idea, impostasi nelle nostre società solo dopo il trionfo dell’industrializzazione e della borghesia nel 19esimo secolo, e che raggiunse le nostre province con il solito ritardo.

Ci siamo spesso domandati, tu ed io, che cosa si aspettassero i piccoli e grandi borghesi da quei dipinti appesi al di sopra dei loro divanetti, fino al giorno in cui, dopo aver letto La società dello spettacolo di Guy Debord capimmo che quei quadri, figurativi o astratti che fossero, rappresentavano quel mondo che gli stessi che li compravano stavano distruggendo – il mondo della bellezza, il mondo del silenzio, dei gesti e delle parole sincere.

E poiché, probabilmente già dai tempi della grotta Chauvet, l’immagine è la più fedele alleata dell’illusione, il suo trionfo in una società del divertimento e della menzogna era assicurato.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Barbara Barberis © Archivio Bert Theis.

Allora tu hai dipinto con dei concetti, con delle parole, col suono, con il tuo stesso corpo, con un computer, con delle foto, addirittura con l’ombra per allontanarti il più possibile dall’oggetto corruttibile e avvicinarti all’autentica essenza dell’arte.

In quegli anni di formazione provavi, senza tela e senza pennello, a creare un dipinto che ci facesse comprendere ciò che stavamo guardando e che potesse raccontare qualcosa di pertinente al nostro mondo.

Qualora hai comunque fatto uso di immagini, hai riutilizzato e reinterpretato ciò che già esisteva aggiungendovi delle parole, al fine di svelare un abisso di domande piuttosto che sentenziare risposte.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Barbara Barberis © Archivio Bert Theis.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Barbara Barberis © Archivio Bert Theis.

Lo si nota con chiarezza nella serie dei Sandwiches, collocata fra due sezioni della mostra che apre questa sera, ma anche negli Statements, che realizzasti anni dopo per ironizzare sulla speculazione edilizia nel vostro quartiere e sulla propaganda capitalista dell’arrogante Esposizione Universale di Milano del 2015.

Soprattutto, non volevi più partecipare all’inquinamento iconografico che, assieme all’inquinamento sonoro e mentale, rappresenta una pericolosa strategia, volta a impedirci di vedere e di capire che i colori artificiali del mondo dei soldi e della consumazione non sono altro che uno schermo per nascondere la triste e grigia realtà da essi cannibalizzata.

Sì, del collage della parola e dell’immagine ne hai quasi fatto una filosofia.

Hai illustrato in sequenze un po’ surrealiste, a tratti anche inquietanti, le poesie di Gollo Steffen e alcune faccende politiche o filosofiche, come la Parabola della cisterna d’acqua di Edward Bellamy.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Barbara Barberis © Archivio Bert Theis.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Barbara Barberis © Archivio Bert Theis.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Barbara Barberis © Archivio Bert Theis.

Nel 1984 ti devi essere alquanto divertito nell’aggiungere un capitolo lussemburghese al capolavoro di George Orwell, al fine di mettere in evidenza il ridicolo di coloro che ci governano: al giorno d’oggi un tale lavoro risulterebbe deprimente, tanto la politica non è più che un triste spettacolo, impotente di fronte al disastro su scala mondiale di cui è essa stessa complice e che continua vergognosamente a negare.

Se solamente lo facesse con ironia; ma le poche volte che riesce a far ridere ho ben paura che non sia intenzionale.

Dopo aver pianto la morte della pittura ti sei soprattutto dedicato alla creazione di situazioni reali, nelle quali nulla era simulato e dove gli spettatori – o più precisamente, le persone presenti – non avevano altro da fare che essere sé stessi, osservando e attivando le proprie capacità creative.

Ed è così che hai concepito Potemkin Lock per la Biennale di Venezia del 1995: che avventura!

Partimmo da zero per trovarci alla fine nei Giardini con una struttura completamente bianca che non rappresentava altro che sé stessa, ovvero un finto padiglione nazionale ma un vero luogo per le persone!

Ci si poteva riposare, non fare nulla, pensare e guardare gli altri che allo stesso modo si riposavano, non facevano nulla e pensavano – esattamente ciò di cui il mondo avrebbe oggi più bisogno.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Rémi Villaggi © Archivio Bert Theis.

A partire da quel momento, lavorando sugli stessi principi, hai ideato altri padiglioni e altre piattaforme.

Le tue opere permettevano a coloro che ne facevano l’esperienza di elevarsi, in senso letterale come in quello figurato.

Erano dei “luoghi” specifici, che tenevano conto dei particolari contesti e coinvolgevano la gente che li abitava.

Così, ti sei presentato a Manifesta 2 a Lussemburgo come subcuratore – in omaggio al subcomandante Marcos, che all’epoca combatteva per il suo popolo del Chapas, in Messico.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Barbara Barberis © Archivio Bert Theis.

Abbiamo potuto godere del “Domaine de Marcel et Jospeh” nell’Acquarium del Casino, in compagnia di due simpatici merli indiani; riflettere sullo stato dell’arte con giovani artisti venuti dai quattro angoli dell’Europa; viaggiare su di un bus con della musica africana in sottofondo fino alla casa natale di Karl Marx, a Treviri, per ricordare che l’autore del Manifesto Comunista aveva ai suoi tempi fornito un’analisi pertinente riguardo ai misfatti del nascente capitalismo, analisi che avrebbe potuto aiutare a evitare un mondo al quale sempre più persone oggi si oppongono; salvo in Lussemburgo, ho l’impressione, che ne è la punta di diamante più affilata.

Sei anche stato invitato a Münster, dove la Plateforme Philosophique riassumeva tutte le tue riflessioni dell’epoca.

Era bello vedere la gente appropriarsi di quest’opera per pensare e danzare. Se hai potuto realizzarla fu perché eri circondato, oltre che da Mariette, da amici esperti e fedeli, capaci di mettersi al servizio della collettività: penso soprattutto a Rob Engel e al musicista Ralph Rippinger, coi quali hai realizzato molti altri progetti.

Sarai assai contento di sapere che tale piattaforma ha trovato oggi un suo luogo definitivo a Belval, vicino all’Università di Lussemburgo, ma immagino che non ti farai per questo troppe illusioni.

Bert Theis, Philosophical Platform, Place des Hauts Fourneaux à Esch, Belval Luxembourg (Fonds Belval), foto di Barbara Barberis © Archivio Bert Theis.

Bert Theis, Philosophical Platform, Place des Hauts Fourneaux à Esch, Belval Luxembourg (Fonds Belval), foto di Barbara Barberis © Archivio Bert Theis.

Bert Theis, Philosophical Platform, Place des Hauts Fourneaux à Esch, Belval Luxembourg (Fonds Belval), foto di Barbara Barberis © Archivio Bert Theis.

Se si volesse davvero che le persone, o almeno la maggior parte di esse, si appropriassero dell’arte – ciò che traduciamo erroneamente con il «democratizzare la cultura» – bisognerebbe fornire loro gli strumenti intellettuali per riuscirci, e per così fare bisognerebbe cambiare radicalmente l’insegnamento e in seguito l’intera società, non accontentarsi di semplici palliativi.

Ne siamo ancora lontani, ma so che mantenevi la speranza in una rivoluzione a venire, e che incoraggeresti tutti questi giovani che oggi si preoccupano di non vedere più un futuro in questo mondo.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Barbara Barberis © Archivio Bert Theis.

Rasserenati, non ho intenzione di svelare il percorso delle tue opere e delle tue opinioni, la mostra che inauguriamo questa sera è qui per questo.

Ma sono sicuro che ti piacerebbe se venisse ricordato che grazie a Christian Bernard, l’ex direttore del Mamco di Ginevra, hai potuto installare delle opere permanenti lungo il percorso dei tram di Strasburgo e Parigi.

Per quanto riguarda la prima, si tratta del “bananier” (platano) che avevi piantato in Place de la République [iv], un modo per dire che le repubbliche o le democrazie di cui noi occidentali andiamo tanto fieri non sono meno ridicole di quelle di certi paesi tropicali.

La seconda si trova nella piazza in cui Jean Jaurès tenne un discorso pacifista nel 1913 – poco prima di quell’altro disastro che fu la prima guerra mondiale.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Barbara Barberis © Archivio Bert Theis.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Barbara Barberis © Archivio Bert Theis.

So anche che sei sempre stato grato a Hou Hanru, Charles Esche e Vasif Kortun che, fra gli altri, ti hanno permesso di mostrare i tuoi lavori nelle biennali di Istanbul e fino in Corea e a Taiwan.

Fondamentalmente, ciò che ti ha sempre interessato è stato l’essere vicino alle persone, è per questo che man mano che proseguivi nel tuo percorso producevi sempre meno oggetti, mentre ti impegnavi di più a rinforzare le relazioni sociali.

Avvalendoti della tesi del filosofo Ludwig Feuerbach, che già tempo fa ci avvertiva del pericolo dell’illusione, hai utilizzato l’arte come strumento volto a trasformare la nostra società, non a rappresentarla.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Rémi Villaggi © Archivio Bert Theis.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Barbara Barberis © Archivio Bert Theis.

Non è per niente che sei entrato nel comitato I Mille, al fine di militare, nel quartiere divenuto ormai tuo e di Mariette, contro quei progetti immobiliari che avrebbero distrutto in un battito di ciglia dei legami sociali costruiti gradualmente nel tempo.

Vi avete anche fondato Isola Art Center, un luogo di incontro, di dibattito e di esposizione in compagnia di cittadini, artisti, filosofi, architetti e altri pensatori.

Furono anni meravigliosi, pieni di gioia, di idee e di creazioni, nonostante le vostre proposte alternative alla demenza speculativa abbiano infine perso.

Ma dal momento che avete utilizzato i mezzi dell’arte – la bellezza, la riflessione, la creazione e soprattutto l’ironia – tutto ciò non è stato invano: avete apportato, a modo vostro, speranza e fiducia nel genere umano.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Barbara Barberis © Archivio Bert Theis.

A Isola Art Center avete incessantemente denunciato la negligenza dei politici, senza mai smettere pertanto di festeggiare, di cantare con la gente del quartiere e con gli artisti, tutto ciò per dimostrare che un altro mondo era possibile.

Che piacere rivedere in questa mostra quel video con la canzone Culture don’t grow on trees e quell’altro in cui schiacci un hamburger davanti a un fast food di Milano.

E alla fine, quando vi avevano ormai quasi cacciati cosa avete fatto? Una sanguinosa rivolta? Tagliato delle teste? No, avete creato un giardino!

Sì, il giardino Isola Pepe Verde continua a vivere in quanto utopia concreta, e così la fabbrica autogestita RiMaflow, provando in tal modo che padroni e azionari non sono indispensabili al buon funzionamento dell’industria, al contrario.

È per questo che tali utopie sono ferocemente combattute dal potere.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Barbara Barberis © Archivio Bert Theis.

Il tuo lavoro verteva interamente sul reale, e a Milano hai potuto confrontartici in maniera diretta, anche difficile, è vero, ma sempre circondato da persone che riflettevano e che agivano senza compromessi.

Prendendo le distanze dal Lussemburgo ti sei reso conto che la discrepanza tra la vita vera e ciò che ne dicono i politici e i media è semplicemente immensa: forse è perché le menti sono già plasmate come delle marche che il nation branding funziona tanto bene qui.

Se mai ti imbatterai nel fantasma di Gilbert Trausch [v] in quell’improbabile etere in cui deve stare nuotando come te, immagino gli suggerirai di aggiungere una sezione alla sua famosa esposizione, e ciò darebbe oggi: «Lussemburgo, dallo Stato alla nazione all’ufficio di comunicazione».

Ebbene sì, perché anche certe istituzioni culturali ormai preferiscono la comunicazione ai contenuti e alla riflessione.

Chissà, forse quel bravo Gilbert risponderà con un sorriso un pò triste.

Tu invece ti sei sempre battuto contro la comunicazione che nasconde la realtà e soffoca la parola vera, e contro l’arte al servizio della rappresentazione che nega la verità e uccide la creazione genuina: il tuo intero lavoro si oppone alla società dello spettacolo, di cui l’atto finale potrebbe essere una barbarie generale scatenata dall’intelligenza artificiale o una guerra all’estinzione fra speculatori di space mining.

Ma ti lascio ora, caro Bert, hai un’eternità di nulla davanti a te mentre al Mudam c’è un pubblico di cui bisogna occuparsi e un sacco di azioni artistiche in giro per la mostra, la cosa ti farebbe molto piacere, ne sono sicuro.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Rémi Villaggi © Archivio Bert Theis.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, veduta dell’esposizione, Mudam, Lussemburgo, 2019, foto di Rémi Villaggi © Archivio Bert Theis.

Passerò i tuoi ringraziamenti a tutti coloro che hanno partecipato a quest’avventura e che hanno fatto in modo che i tuoi lavori venissero mostrati: innanzitutto alla mia vecchia squadra – o almeno, a quelli che ne rimangono – e in particolare a Christophe Gallois, Marion Vergin e Boris Reuland, oltre che a tutti i nuovi che conosco poco o per niente.

Un grande grazie anche a quelle e quelli che, in una maniera o nell’altra, hanno aiutato a concretizzare questa mostra: essa ha generato quell’entusiasmo e impegno collettivo che sempre permettono di realizzare ben più che attraverso un’azione in solitaria, esattamente ciò che ad ogni occasione ci hai insegnato a fare con la tua solita forza serena.

Bert Theis: Building Philosophy – Cultivating Utopia, particolare, Mudam, Lussemburgo, 2019 © Archivio Bert Theis.

Tutti i tuoi compagni di Isola Art Center ci si sono messi, oltre che i tuoi studenti e amici, in particolare Angelo, Edith, Daniele e Giuliano; non li posso nominare tutti, ma so che tu li porti tutti nel tuo cuore.

Se fossi qui incontreresti anche Jo Kox, nelle sue nuove funzioni, e lo ringrazieresti per avere sempre sostenuto gli artisti, fin da quando ci lanciammo assieme in quella folle e meravigliosa avventura del Casino.

Per finire, la mostra deve enormemente al tuo fedele e infaticabile amico Rob Engel – la maggior parte delle opere in esposizione non avrebbero visto la luce senza le sue competenze tecniche e la sua forza di volontà – lo ringrazierò calorosamente da parte tua.

E poi, ovviamente, c’è Mariette, ma nel suo caso farò a meno delle parole.

Dopo aver imparato, nei tuoi ultimi anni fra di noi, a pilotare, hai spiccato il volo per sempre, ma decisamente troppo presto: ci manchi molto qui.

La firma è la mia.

Post scriptum: se incroci anche i fantasmi di Marcel Duchamp e di Yves Klein, digli che facciamo di tutto per vedere la vita in rosa[vi] su sfondo blu infinito.

Ecco qui.

So che Bert non sente queste parole, ma per lui, per le utopie concrete che si oppongono alla vacuità del modello dominante che sta distruggendo la bellezza di questo mondo, fino alla loro inaccessibile vittoria, io continuerò a dire ciò che mi sembra giusto dire e a parlare del suo lavoro.

Grazie.

Enrico Lunghi

[traduzione di Alvise Pirovano]

 

F(l)ight Sketches – For Bert Theis, Cercle Cité, Lussemburgo, 2019, particolare opere di Edith Poirier, display di Angelo Castucci © Archivio Bert Theis.

Book Launch: Bert Theis. Building Philosophy–Cultivating Utopia, Mousse Publishing, da sinistra: Africa, Mariette Schiltz, Gerald Raunig, Enrico Lunghi, Marco Scotini, Guia Cortassa, Christophe Gallois, Isola Pepe Verde, 12 maggio 2019  © Archivio Bert Theis.

Opening F(l)ight Sketches – For Bert Theis, Cercle Cité, Lussemburgo, 2019 © Archivio Bert Theis.

Opening F(l)ight Sketches – For Bert Theis, Cercle Cité, Lussemburgo, 2019 © Archivio Bert Theis.

note

[i] Ciò si riferisce alle numerose dimissioni per ragioni del pessimo clima di lavoro che si è instaurato nel museo dopo la partenza di Enrico Lunghi – vedi, fra altro woxx.lu/tag/lettre-anonyme/

[ii] Bert Theis è morto il 14 settembre 2016.

[iii] Un racconto esasutivo si trova nel libro di Catherine Gaeng disponibile su amazon.fr/Lynchage-médiatique-abus-pouvoir-Chronique-ebook/dp/B07JNQ77F9

[iv] In francese il termine «république bananière» si usa per qualificare regimi corrotti e non democratici.

[v] Gilbert Trausch (1931-2018), storico lussemburghese considerato quasi come un’«istituzione» del paese.

[vi] Marcel Duchamp scriveva «La vie en Rrose» che alludeva all’eros, non al colore rosa.

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